Avevo letto di Domenico Tappero Merlo da più fonti, ma ascoltare dal vivo il racconto della sua storia e vivere per qualche giorno la realtà del suo lavoro nel suo ambiente ha avuto tutta un’altra potenza emotiva. E così le sue parole segnano il mio passo alla scoperta concreta dell’Erbaluce di Caluso.
La bellezza di questa terra si è immediatamente impadronita dei miei occhi, ottenendo riscontro in ogni filare dei vigneti, nei grappoli d’oro, nelle descrizioni dettagliate e coinvolgenti di Domenico dalla sua Vigna del Belvedere, come poesia di radici. Lo scenario spettacolare dell’anfiteatro morenico di Ivrea era sotto di noi, quasi si toccava; alle nostre spalle le Alpi, i cui ghiacciai disciolti hanno contribuito alla formazione di terreni prevalentemente sabbiosi, frammisti a sassi provenienti dal disfacimento delle rocce dei grandi massicci (Monte Rosa, Monte Bianco, Cervino e Gran Paradiso), oltre a dare origine a fiumi e laghi che determinano un microclima favorevole alla crescita del vitigno Erbaluce. La DOCG Erbaluce di Caluso, nonostante la storicità del vitigno, è stata definita solo nel 2010 e viene assegnata a vini prodotti con 100% di uve Erbaluce coltivate nei 36 comuni situati tra Ivrea e Caluso (in alcuni casi allevate utilizzando ancora la pergola canavesana), anche nelle versioni Spumante, Passito e Passito Riserva.
Durante la mia visita ho avuto modo di partecipare a una conferenza (Vitigni, Terroir e Paesaggio – Una Risorsa per il Paese) organizzata dal Consiglio Grande della Credenza Vinicola di Caluso e del Canavese, di cui Domenico Tappero Merlo è Console, oltre ad essere un perfetto ambasciatore del suo territorio, promotore e organizzatore di eventi culturali e sociali. Sin da subito mi è stato chiaro che l’argomento scelto per la conferenza sposasse appieno le idee e i progetti di Domenico, come quelli di altri suoi colleghi dediti alla produzione di Erbaluce: continuare ad essere i conservatori di una tradizione vitivinicola pre-romanica, cercando di fare informazione sulle componenti che possono arricchire il valore dei vini prodotti (come questo meraviglioso paesaggio), con tutte le ricadute economiche sul progresso sociale e culturale del territorio.
Il percorso vitivinicolo di Domenico Tappero Merlo è iniziato «nel mezzo del cammin della sua vita» (2001), dopo la decisione di mettere da parte gli anni dedicati al mondo del software per abbracciare pienamente le tradizioni della sua famiglia, dedita alla viticoltura da generazioni. Il racconto delle sue scelte è luminoso come i grappoli di Erbaluce che raccoglie… Le sue parole sono intrise di sentimento, di rispetto per la sua terra, di fierezza per il lavoro svolto dai suoi avi e di determinazione nel valorizzare questo vitigno secondo un suo specifico progetto. La sua formazione culturale gli ha consentito di riscoprire e rielaborare le tecniche del passato, abbinandole a quelle moderne agronomiche. Nulla è lasciato al caso: attenzione alla struttura dei suoli e trattamenti a basso impatto ambientale che favoriscono lo sviluppo di flora e fauna tipica del luogo.
La freschezza e la mineralità dell’Erbaluce, che scaturiscono straordinariamente da questi suoli, si corredano nel progetto di Domenico di struttura e longevità, per far assaporare al meglio questo vino nello scorrere del tempo. Vi è racchiusa la storia di un vignaiolo appassionato, coinvolto pienamente nella viticoltura del vitigno Erbaluce e al suo potenziamento come massima espressione del territorio. Ereditando questa passione e il profondo legame, Domenico Tappero Merlo interpreta e perfeziona “i passi” del suo caro nonno.
La mia degustazione alla Vigna del Belvedere con Domenico ha interessato 3 etichette. L’Erbaluce di Caluso DOCG Spumante Tradizionale Brut Cuvée des Paladins richiama i 12 fedelissimi cavalieri del grande imperatore Carlo Magno e fa riferimento alle origini francesi del vitigno Erbaluce, con la sua probabile provenienza dalla Valle del Rodano; il suo perlage è finissimo e parte del merito va ricercata negli almeno 60 mesi di sosta sui lieviti. Storia diversa per il Vino Bianco Acini Perduti, un eccellente risultato derivato dal recupero di un vitigno scomparso (e questo spiega il nome): la Malvasia Moscata, qui in blend con l’Erbaluce. Il vino identifica la volontà di recuperare i ricordi e riportare il passato a nuova vita, in maniera autenticamente leale, come lo è il suo produttore. L’Erbaluce di Caluso DOCG Kin porta il nome con cui tutti chiamavano il nonno di Domenico ed è un festival di sentori tipici dell’Erbaluce.
Se capiterete in questi luoghi intrisi di storia e bellezza, vivrete le testimonianze e le tradizioni legate al vitigno Erbaluce e sarete sicuramente coinvolti emotivamente dalla leggenda d’amore di Alba e Sole sull’origine del vitigno: i due, destinati a non incontrarsi mai, si ritrovano felici, stretti in un unico abbraccio, sul bric più alto delle colline che circondano Caluso, concesso loro da un’eclisse di luna. Dal loro incontro nacque Albaluce, la ninfa che veleggiava sul lago condotta da bianchi cigni, ed era talmente bella da indurre l’uomo a donarle ogni frutto, cacciagione o pescato… fino a quando la regina Ippa diede ordine di prosciugare il lago per seminare: un lavoro duro che provocò aridità, tristezza e morte. E Albaluce, affranta, lasciò cadere le sue lacrime sugli arbusti rinsecchiti; ed erano lacrime di speranza, perché diedero vita a tralci di vite e poi ad un’uva dolce e bianca, l’Erbaluce. Un vitigno che ha nel cuore i raggi del padre Sole e la dolcezza dell’Alba, che sorge ogni mattina sul bric di Caluso.
Il grande lavoro di recupero e valorizzazione svolto da Domenico Tappero Merlo fa sì che la sua azienda si annoveri tra quelle storiche del territorio del Canavese, tutte protese al miglioramento qualitativo della produzione, al rispetto ambientale e alla conservazione del paesaggio (basti osservare il prezioso ripristino dei muretti a secco) che hanno anche generato un importante sviluppo turistico dell’intera zona. La bellezza della grande collina morenica, la zona dei “cinque laghi” di Ivrea, più quello di Viverone e quello di Candia, attirano un buon turismo anche dall’estero e, grazie alle aziende vitivinicole, l’enoturismo diventa una risorsa sempre più importante, perché permette il recupero anche del valore fondiario, con numerosi imprenditori che investono sull’Erbaluce di Caluso.
C’è tanto altro da raccontare su questa parte del Piemonte così affascinante e su uomini di grande spessore umano come Domenico Tappero Merlo. Mi sale dal cuore l’esigenza di darvi appuntamento per altri miei articoli, che vi spalancheranno le porte sullo straordinario anfiteatro morenico di Ivrea.