«Ecco l’occasione per parlare di Barolo e delle sue MGA, trascorrere una serata divertente, raccontare di Nebbiolo e Langhe, consumare una buona cena e degustare tre vini di un’azienda che non ho ancora avuto occasione di approfondire», mi dico, all’invito a guidare questa interessante cena-degustazione. Ripasso perciò con entusiasmo gli eccellenti lavori di Karen O’Keefe (Barolo and Barbaresco. The king and queen of italian wine), Alessandro Masnaghetti (Barolo MGA) e Attilio Scienza (Atlante geologico dei vini d’Italia. Vitigno, suolo e fattori climatici) e mi preparo per condividere con 85 persone – affamate e assetate – descrizioni geologiche, leggende popolari, fatti storici, disciplinare di produzione e caratteristiche dell’annata 2012, spaziando tra suoli serravalliani e tortoniani, leggende, storia (Giulia Falletti, Cavour, Paolo Francesco Staglieno, Louis Oudart, Carlo Alberto e il suo ‘Re dei vini e vino dei Re’) e Barolo Boys. In pratica, milioni di anni di storia in 10 minuti, al termine dei quali i commensali reclamano meno parole e più fatti, sotto forma di cibo e vino.

Mentre gli organizzatori provvedono a salvarmi dal linciaggio, iniziando a distribuire gli antipasti e il primo vino, racconto di questa cantina centenaria, fondata nel 1890 da Giuseppe Borgogno, che iniziò a coltivare uve e vinificarle nel comune di Barolo, fino a quando Giacomo Damilano, suo genero, cambiò il nome della cantina in quello attuale. Damilano ha 53 ettari di vigneti distribuiti – principalmente, ma non solo – nella zona di produzione del Barolo DOCG, gestiti in modo convenzionale ma in progressivo avvicinamento alla conduzione biologica. L’azienda produce prevalentemente vini rossi e la produzione media annua è intorno alle 320.000 bottiglie. Il Nebbiolo fermenta in acciaio, con utilizzo di lieviti indigeni e pratiche di délestage e ‘cappello sommerso’, per conferire al vino struttura, complessità ed eleganza. Il vino matura poi in botti di legno (50 e 100 hl, con tostatura leggera) per un periodo che varia tra i 24 e i 36 mesi, cui fa seguito un affinamento in bottiglia in locali climatizzati.

L’annata 2012 è stata caratterizzata da un gennaio abbastanza mite mentre, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, le temperature hanno avuto minime ampiamente sottozero, con picchi anche di –15 °C e abbondanti nevicate. La primavera è stata prima fresca e piovosa e poi più mite, restando però sempre piovosa. In estate le temperature (sempre medio-alte) hanno raggiunto il picco di 38 °C nella seconda metà di agosto e le precipitazioni sono state scarse; nonostante questo, le piante non hanno avuto stress idrico, grazie all’abbondante riserva di acqua accumulata durante l’inverno e la primavera. A partire dalla seconda decade di settembre, si sono avute importanti escursioni termiche. In conclusione, l’annata 2012 si può definire non abbondante sotto l’aspetto produttivo, ma in grado di regalare vini equilibrati.

Finalmente arriva il momento di assaggiare il primo vino, un Barolo DOCG Liste, abbinato a una robiola con confettura di mandarino, una toma con confettura di mirtilli e un formaggio al Barolo con miele. Liste è un cru di 4 ettari a Barolo, a 350 metri s.l.m., caratterizzato da terreno con basso contenuto di sabbia e del quale Damilano possiede 2 ettari, con impianti che risalgono al 1971 e al 1999. Il colore , rispetto a quello classico del Barolo, è granato piuttosto intenso e poco aranciato e il profumo, non esplosivo, è dominato dall’aspetto fruttato della mora e del mirtillo, con richiami di fiori secchi, liquirizia, sottobosco e una lieve nota balsamica; in bocca il classico tannino del Nebbiolo si fonde con una chiusura fresca, che alleggerisce il corpo e rende semplice e scorrevole il sorso. La sala premia l’abbinamento con la toma con confettura di mirtilli e dedica un premio speciale della giuria alla robiola con confettura di mandarino.

Il secondo Barolo è il Brunate, noto cru di 25 ettari diviso tra i comuni di Barolo e La Morra; Damilano ne possiede 0,65 ettari a La Morra, a 300 metri s.l.m., su un terreno in cui la percentuale di sabbia è abbastanza alta (25%). In questo vino la tonalità granata inizia a sfumare in un bordo aranciato e il profumo risulta più intenso del vino precedente: oltre ai frutti di bosco e alla viola, è evidente una speziatura di chiodi di garofano e di noce moscata. All’assaggio la trama tannica è molto levigata ed elegante, di buona persistenza e con chiusura sapida. L’abbinamento al risotto con salsiccia e Castelmagno risulta molto piacevole e la sala applaude con soddisfazione.

Il cru conclusivo è il Cerequio, dove Damilano ha 0,60 ettari esposti a est a La Morra, a 320 metri s.l.m., su un impianto del 1990, con componente sabbiosa del 25%. Il colore è quello classico del Barolo e la sfumatura aranciata sul bordo è ben visibile; il profumo si apre con una decisa nota di viola, per poi evidenziare anche tabacco dolce, cuoio, terra bagnata e una bella componente balsamica di eucalipto e menta. In bocca il tannino è ben presente, elegante e maturo, e rilascia una lunga nota di liquirizia. L’abbinamento con cinghiale in umido e purea di patate è stato unanimemente definito ideale e i commensali hanno tributato una standing ovation al personale di cucina.

Per concludere la serata non posso fare a meno di evidenziare, ancora una volta, come – a parità di annata, vitigno e produttore – i diversi cru sappiano regalare interpretazioni differenti, rispettando – anzi, mettendo in risalto – il ruolo fondamentale del terroir.