È un’altra umida mattina di questo grigio Novembre e siamo diretti verso Panzano in Chianti. Ci soffermiamo per ammirare la Conca d’Oro, una delle côtes più conosciute per la sua esposizione e il suo microclima, perfetti per coltivare viti esigenti e generose, e in questo grigiore la ‘conca’ sembra il quadro di un pittore impressionista, con alternanze di gialli, rossi e verdi scuri. Lo spettacolo della natura ci affascina, ma dobbiamo affrettarci verso il nostro appuntamento mattutino all’Azienda Agricola Panzanello, dove ci aspetta il proprietario, Andrea Sommaruga, insieme a una ridotta delegazione di Sommelier di AIS Firenze, per un’interessante retrospettiva delle sue annate meno blasonate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Il Manuzio (il Supertuscan aziendale).
Panzanello, esistente fin dal 1427 come ‘podere atto alla coltura della vite’, divenne proprietà della famiglia Sommaruga nel 1964, quando la nonna di Andrea lo acquistò come casa di campagna, per godersi l’incontaminata natura chiantigiana, bella e rustica, colorata dalle chiome dei lecci e animata dalla passione per la vigna e il buon cibo. Costruì una villa per poter ospitare figli e nipoti e uno di loro (e chi, se non Andrea…) venne rapito dallo stile di vita campagnolo e nel 1994 si trasferì a Panzanello per dare seguito alla sua passione per la viticoltura, trasformandosi così in un vignaiolo tout-court. Fin da subito Andrea volle puntare alla qualità, con metodi di lavorazione moderni e innovatori, sia per la vendemmia accurata che per la fermentazione (contenitori in acciaio da 53-55 hl a temperatura controllata) e la maturazione in piccoli legni (barriques e tonneaux) prodotti in Francia (Borgogna e Bordeaux). Tutti metodi messi umilmente al servizio del Sangiovese, per poi aggiungere – una volta compreso come passare al blend senza snaturare il carattere complesso e rustico del Sangiovese di Panzano – i vitigni internazionali (principalmente Cabernet Sauvignon).
Oggi – dopo 24 anni dalla prima vendemmia – ci ritroviamo per un confronto sul lavoro svolto da Andrea durante il rinascimento del Chianti Classico e il periodo del boom dei Supertuscan. Iniziamo dalla verticale di 5 annate del Chianti Classico.
Chianti Classico DOCG 2000 (100% Sangiovese) – Granato fitto e concentrato, che sottolinea il timbro aziendale, cioè la maturazione in tonneaux. Un’annata non trascendentale, che mostra un profilo olfattivo scuro e profondo, raffinato dai segni di un’elegante terziarizzazione su toni di cuoio, caffè, sottobosco, tartufo, tabacco e caramella alla menta. In bocca il sorso è centrale, piacevole, di buona freschezza e con un tannino ancora presente. Il finale è essenziale e sa di arancia sanguinella, come si conviene alle migliori versioni del beneamato Sangiovese.
Chianti Classico DOCG 2002 (100% Sangiovese) – Rosso granato che vira decisamente sull’aranciato, ma mantenendo un’impensabile luminosità, che preannuncia vivacità e verticalità. I profumi sono ancora pimpanti e ramificati; spiccano le note di cardamomo, tabacco biondo, erbe officinali, scorza d’arancia, semi di mandarino, goudron e caramella al rabarbaro. In bocca, acidità e tannicità si mostrano smorzate dal tempo, così da liberare una sequenza aromatica che riprende le erbe officinali percepite al naso, il succo d’arancia e una delicata nota affumicata. Chiude sapido, con una lunga persistenza. Una vera rivelazione, per vitalità, piglio e rispetto della tradizione.
Chianti Classico DOCG 2003 (100% Sangiovese) – Nato da un’annata caldissima, quasi infuocata, si rivela un vino che – lo si intuisce già dal colore fitto e aranciato – ha accusato la surmaturazione e pecca in vivacità. Al naso è molto scuro, con ricordi di gelée di mirtillo e crème de cassis, poi ecco la macchia mediterranea, con alloro e finocchietto, e infine la nota balsamica di liquirizia e canfora. In bocca risulta essere un po’ seduto nella parte aromatica, mantenendo comunque un tannino aggrappante, pur se un po’ polveroso. Il finale è più sulla liquirizia che sull’arancia sanguinella.
Chianti Classico DOCG 2007 (100% Sangiovese) – Il colore prosegue sullo stile dei precedenti, cioè fitto e concentrato, ma ancora privo di riflessi granati. All’analisi olfattiva non mette in mostra tutti i suoi dettagli, risultando austero e compatto. Continuando a indagare, ecco che si definisce con tratti balsamici, incensati e boisé. In bocca è irto, infittito dal tannino e da quei tratti scuri che marcavano decisamente i profumi. La persistenza aromatica vive totalmente di note tostate, con refoli di arancia sanguinella.
Chianti Classico DOCG 2011 (100% Sangiovese) – Rosso rubino profondo e fitto. Il primo impatto olfattivo è resinoso, richiama i fiori di rosmarino e la violetta in appassimento, mentre la parte fruttata viene declinata da mora e lampone. In bocca conferma l’aspettativa scura e compatta già mostrata; i tannini imbrigliano lo scorrimento del sorso, chiudendo la parte aromatica. La chiusura ha una persistenza medio-lunga, giocata su toni lievemente amaricanti, dovuti alla carica tannica.
La seconda batteria è costituita da 4 Chianti Classico Riserva.
Chianti Classico Riserva DOCG 1996 (100% Sangiovese) – Il colore è un granato decisamente più scarico rispetto ai vini precedenti e i bordi aranciati preannunciano una decisa evoluzione. Il mosaico olfattivo conferma l’aspettativa, rivelando note di ruggine, funghi secchi e prugne, contornati da refoli balsamici ed ematici. Il sorso vive di una evidente snellezza tattile, con rimandi aromatici a gelée di arance, cioccolato bianco e noce moscata. La delicatezza dello sviluppo orale è un elegante preludio alla lunga persistenza, che mette in campo la vera anima – serena e raffinata – di questo goloso esempio di Sangiovese evoluto.
Chianti Classico Riserva DOCG 2000 (100% Sangiovese) – Il colore è fitto, più granato del precedente. Al naso mostra decisi tratti ‘liquorosi’, spiegandosi con note di caffè Borghetti, nocino, gianduia e confettura di prugne. L’assaggio manifesta ancor di più questo suo carattere, che rimanda all’evoluzione di un Porto Ruby. Il sorso è morbido e caldo, intenso e persistente, con note finali di crema di nocciole, caffè e genziana.
Chianti Classico Riserva DOCG 2003 (100% Sangiovese) – Il colore si presenta fitto e impenetrabile, tendente al granato, di buona lucentezza. Il profilo olfattivo è scattante, per via delle vivaci note di lamponi in gelatina e bastoncino di liquirizia, condite da tratti selvatici che vengono intervallati da impressioni balsamiche di canfora e foglie di alloro. In bocca si muove scorrevole e con buona freschezza, mettendo in ombra l’annata difficile e regalando un sorso sinuoso che, nel finale, sa di arancia sanguinella e chiodi di garofano.
Chianti Classico Riserva DOCG 2007 (95% Sangiovese, 5% Cabernet Sauvignon) – Colore dalle nuances impenetrabili, quasi a voler denotare la presenza del vitigno internazionale, in realtà in percentuale minima. Al naso, l’impatto parla di paprika dolce, salamoia, succo di mirtilli e note speziate di sandalo e chiodi di garofano. In bocca è un vino sontuoso, intenso, ricco e fitto, con un carattere forte e speziato, che lascia ben esprimere una centralità fresca e corroborante. La persistenza è affidata a rimandi di gelée di frutti di bosco. Deciso e imperioso, si giova del contributo di un Cabernet Sauvignon di eccellente qualità.
Chianti Classico Riserva DOCG 2011 (95% Sangiovese, 5% Cabernet Sauvignon) – Fitto nel colore, rubino scuro quasi bluastro. Al naso è ancora austero, molto concentrato su note di amarena sciroppata, prugna e refoli balsamici di mentolo ed eucalipto. La bocca viene invasa dall’intensità del succo, lo sviluppo del sorso è ampio e torrefatto. La persistenza è legata a ricordi di cioccolato fondente e frutti di bosco. Un vino potente, con il Cabernet Sauvignon che – pur se socio di minoranza – in questa fase sgomita e si fa spazio tra gli spunti aromatici e tattili di un Sangiovese ancora giovanissimo.
La terza verticale è dedicata a 4 annate de Il Manuzio, il supertuscan aziendale in cui il protagonista è però ancora il Sangiovese.
Il Manuzio IGT Toscana 1999 (100% Sangiovese) – La prima annata de Il Manuzio, maturato per 24 mesi in barriques nuove, si mostra di un bel granato fitto e profondo. I profumi sono molto intensi, imperniati su note floreali, carne cruda, pepe nero e sentori selvatici. In bocca è un vino energico, ematico e duro, con tannini e acidità che collaborano per creare un sorso netto e senza compromessi. La chiusura aromatica è potente e piccante, mista tra note di cacao, pepe nero e succo d’arancia.
Il Manuzio IGT Toscana 2000 (100% Sangiovese) – Colore fittissimo e impenetrabile, con bordature lievemente granate. Al naso appare vivace, con toni di semi di mandarino, scorza d’arancia, sottobosco, china, cola e lavanda essiccata. Il sorso è piacevolmente integrato tra la freschezza dell’acidità e le note aromatiche di cioccolato fondente e dragées all’arancia.
Il Manuzio IGT Toscana 2003 (100% Sangiovese) – A riprova di una grande tenuta al passare del tempo, e di resistenza a un’annata caldissima, mantiene un colore rubino netto e profondo. I profumi sono pungenti, con molte note speziate, quali cardamomo essiccato, pepe di Sichuan e noce moscata, che poi lasciano spazio a violetta macerata, scorza d’agrume ed erbe officinali. Il sorso è ancora fortemente sbilanciato su acidità e tannino, con un finale di bocca che tende a smagrirsi, un po’ sottotono.
Il Manuzio IGT Toscana 2010 (90% Sangiovese, 10% Merlot) – Anche qui il colore sembra non aver ceduto niente al trascorrere degli anni, rivelandosi ancora fitto e vivace nella sua veste rubino brillante. Al naso, il Merlot marca ancora i riconoscimenti fruttati, che mettono in evidenza amarena, mora di gelso e bacche di ginepro, dopodiché il vino si fa balsamico e tostato, su note di legno di cedro e vaniglia. In bocca ha un ingresso potente, caparbio e mediterraneo; caldo e appagante, ha una grande stoffa, che dimostrerà nei prossimi anni – anche tanti – di bottiglia.
Tre verticali interessanti e ben pensate, in cui abbiamo potuto verificare lo stile dei vini di Panzano declinati secondo il modello tendenzialmente internazionalista di Andrea Sommaruga. La mia personale lente di ingrandimento mi ha evidenziato come l’affinamento in bottiglia e la pazienza siano dei buoni alleati di questo terroir, poiché il loro lavoro riesce a far uscire allo scoperto le caratteristiche del vitigno di questa zona, rendendo lo stile di partenza sempre meno netto e modellante. Ma non è finita, perché ci attende un ultimo sforzo degustativo: un confronto di due annate di Vindea, un vino concepito dalla mente della moglie di Andrea e dedicato a tutte le donne innamorate del vino.
Vindea IGT Toscana 2006 (50% Sangiovese, 50% Petit Verdot) – Grande annata, che viene in aiuto della prima edizione di questo gioiello di casa Panzanello, in cui il bizzoso Petit Verdot gioca alla pari col Sangiovese. Il colore si presenta di una tonalità noir, fitto e scurissimo, come se giocasse a fare il giovincello. Al naso apre con una decisa piccantezza pepata, prima di passare a mora selvatica, créme de cassis, salamoia, legno di cedro e cannella. In bocca è morbido, pieno e possente, e si sviluppa con toni di gelée di more, cannella e vaniglia. Ottima la gestione dei tannini, ricchi ma per niente polverosi. Chiude con grande progressione gustativa, che si accentua nella lunga persistenza.
Vindea IGT Toscana 2011 (50% Sangiovese, 50% Petit Verdot) – Coloratissimo, addirittura più fitto del precedente, ma tanto sgargiante da manifestare decise sfumature purpuree. Al naso si presenta molto elegante, con una lieve nota di succo di albicocca che fa da apripista a mirtilli, cardamomo essiccato, essenze orientali, rose appassite, vaniglia e noce moscata. In bocca mantiene la verve femminile, mettendo in risalto un buon compendio tra le parti tattili (astringenza e morbidezza), che permettono di godere con pazienza di un allungo sapido e pepato, carnoso e balsamico. Una lunga persistenza chiude l’assaggio di un vino deciso ed esclusivo.
Non posso fare a meno di chiudere il resoconto di questa visita con un accorato «Grazie!» a tutta la famiglia Sommaruga e in particolare ad Andrea, che ci ha fatto rivivere il suo intenso e interessante percorso: 25 anni di dedizione, impegno, determinazione, fatica, sacrifici e anche grandi soddisfazioni, grazie alla spinta di una pura passione.