Non è più utilizzato negli uvaggi con i vini rossi, se non rarissimamente. I passati tentativi di valorizzarlo (chi non ricorda il Galestro?) non hanno retto alla prova del tempo. La sua diffusione è in declino da almeno 3 decenni. Nonostante questi dati non incoraggianti, il Trebbiano Toscano è ancora l’uva a bacca bianca più coltivata in Toscana e la seconda in Italia e diversi produttori (soprattutto toscani) continuano a utilizzarlo per cimentarsi nella produzione di vini ambiziosi.
Ma quali sono i pro e i contro di questo vitigno, che con nomi diversi è presente in molti paesi ed è probabilmente quello che produce più vino al mondo, grazie a rese particolarmente abbondanti? Innanzitutto è generoso nella produzione: rende molto. Inoltre, si adatta facilmente ad ambienti e sistemi di potatura diversi ed è relativamente resistente alle malattie più diffuse che affliggono la vite. Germoglia tardi, mettendosi al riparo dai danni delle gelate primaverili e matura mantenendo un’alta acidità.
Ha un solo punto debole: è neutro dal punto di vista aromatico e produce vini di struttura semplice. Di per sé, insomma, il Trebbiano non regala mai profumi originali e accattivanti – sempre ricercati nei vini bianchi – e dà per lo più vini semplici e a volte banali, se non si ricorre a vinificazioni con prolungata macerazione o a maturazione in legno, cioè vini considerati ancora di nicchia (non sono certo vini mainstream).
A questo gruppo di etichette di nicchia va aggiunto questo VEA Trebbiano Macerato 2019 prodotto dall’azienda Pietro Beconcini di San Miniato (Pisa), assaggiato in anteprima a Firenze ai primi di Luglio.
Leonardo Beconcini, insieme alla compagna Eva Bellagamba, guida dal 1990 l’azienda fondata dal padre Pietro. Conosciuto anche per la temeraria coltivazione del Tempranillo proprio sulla collina di San Miniato, ha deciso di stupirci oggi con un bianco da Trebbiano in purezza.
L’idea di partenza è tirare fuori una personalità forte da un’uva che di per sé non ha personalità. Per farlo, Leonardo ha selezionato dei cloni di Trebbiano che a fine maturazione vedono i loro acini pigmentarsi di rosa (suo nonno lo chiamava proprio Trebbiano Rosa). In realtà, opera una vendemmia quasi tardiva (nel 2019, a fine Ottobre), aspettando la maturazione completa dell’uva soprattutto dal punto di vista aromatico, che non arriva mai, e lo può fare grazie alla forte acidità del vitigno.
Leonardo dichiara di non voler fare un macerato come tanti ed evita l’ossidazione spinta. Il contatto con le bucce viene mantenuto per il tempo della fermentazione, che è svolta a temperatura controllata di 16 °C, in modo da non disperdere quegli aromi che ha aspettato con pazienza ritardando la vendemmia. Dopo un leggero passaggio in legno, il vino matura in cemento a contatto con le fecce fini fino al momento dell’imbottigliamento.
Il VEA Trebbiano Macerato 2019 di Pietro Beconcini (100% Trebbiano, 13,5% di alcol) sorprende alla vista per il colore particolarmente accentuato, di un giallo brillante come l’oro. I profumi sono evoluti e principalmente fruttati, ma con un’articolazione del frutto che è prima cotto (mela al forno e crostata di pere), poi sciroppato (pesca e albicocca) ma anche secco (mandorla) e infine fresco di scorza di agrumi. Oltre ai frutti, dispensa miele e camomilla. Il gusto è ricco, su toni prevalentemente morbidi, sebbene manifesti un grip tannico a centro bocca dovuto alla macerazione. L’astringenza viene tuttavia celata sotto una diffusa pseudodolcezza, che lo rende grasso e quasi mieloso. Un ruolo speciale è giocato infine dalla notevole salinità, che – più dell’acidità – provoca la salivazione, sostiene il lungo finale e bilancia l’alcol.
Che dire? Nel suo genere è originale, ha un profumo che fa quasi pensare a un vino dolce e l’ossidazione è mantenuta sotto controllo, distinguendolo da tanti vini bianchi macerati e ossidati, che tendono ad assomigliarsi un po’ tutti. Come si è detto, è per scelta un vino di nicchia e non può (e non vuole) essere altrimenti.