Magia, energia e saggezza sono le sensazioni più immediate che mi evoca la Sardegna, con i suoi vini identitari e austeri, che ne fanno una delle realtà enoiche più affascinanti del Mediterraneo. Il protagonista di oggi è un Carignano del Sulcis DOC, una denominazione che coniuga il nome dell’antico vitigno a bacca nera diffuso in tutta l’area mediterranea occidentale con il territorio del Sulcis, dove il Carignano – uno dei vitigni più interessanti e prestigiosi dell’enologia sarda – trova condizioni ideali per esprimersi al meglio.

Il Sulcis, nell’area sud-occidentale dell’isola, è parte integrante della sub-regione storico-geografica Sulcis-Iglesiente. Un territorio caratterizzato all’interno da rilievi che conservano un grande patrimonio di biodiversità, mentre la costa offre scenari mozzafiato: a tratti impervia, con le scogliere a picco sul mare, a tratti dolce, con le magnifiche spiagge bianche bagnate da acque cristalline e circondate da pini naturali e ginepri secolari.

È l’area geologica più antica dell’isola e racchiude in sé il fascino di una terra millenaria. Sulcis fu uno dei più antichi centri minerari fondati dai Fenici in Sardegna (eredità passata poi ai Cartaginesi e quindi ai Romani), almeno fino all’epoca delle piratesche incursioni saracene. Solo nel Settecento Sulcis riuscì a risorgere, con il nome di Sant’Antioco, e la vite fu una delle prime colture che apparvero in quest’area della Sardegna, come dimostrano vari ritrovamenti di dipinti in cui erano raffigurati grappoli di uve a bacca nera coltivate nella zona: secondo alcuni studiosi, dovrebbero essere proprio uve Carignano. 

L’origine del vitigno è incerta. Secondo alcuni è arrivato in Sardegna grazie ai Fenici, e questa ipotesi è surrogata dalla presenza di questo vitigno in antiche aree fenicie come Tunisia, Algeria e Marocco. Secondo altri, invece, è arrivato più recentemente dalla Penisola Iberica, nel periodo del dominio spagnolo sull’isola: il Carignano è infatti conosciuto tra i viticoltori sardi con l’espressione dialettale Axina de Spagna, ovvero uva di Spagna. Tutto questo ha comunque un’importanza relativa, perché questo vitigno, messo a dimora sul suolo sardo, ha assunto con il passare del tempo caratteri propri, al punto da essere considerato autoctono. 

L’area del Carignano del Sulcis DOC è estesa su 17 Comuni della nuova provincia Sud Sardegna e comprende le isole di Sant’Antioco (quarta isola italiana per estensione) e di San Pietro (l’isola verde, per la sua natura rigogliosa). Molti dei vigneti, in particolare nell’isola di Sant’Antioco, sono stati impiantati con il metodo tradizionale ad alberello prima dell’invasione fillosserica (alcuni oltre 300 anni fa). Il suolo sabbioso in cui questo vitigno affonda le radic, ha impedito gli spostamenti degli afidi parassiti della vite e ancora oggi è possibile coltivare la vigna su piede franco e raccogliere quest’uva straordinaria con caratteri organolettici eccezionali. Secondo il disciplinare, il vino della DOC Carignano del Sulcis – istituita nel 1977 – deve essere ottenuto da uve Carignano per almeno l’85%  (al restante 15% possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione per la Regione Sardegna) e può essere prodotto in 6 diverse tipologie: rosso, rosso riserva, rosso superiore, novello, rosato e passito.

La Cantina di Santadi è una delle più virtuose cantine sociali italiane ed è ubicata nel Comune di Santadi, piccolo centro agropastorale nel basso Sulcis circondato da vigneti, oliveti, boschi, paesaggi selvaggi e siti archeologici. Fondata nel 1960 per la produzione e la vendita di vino sfuso, la Cantina delinea il suo futuro a metà degli anni Settanta, quando i soci – guidati dall’attuale presidente, Antonello Pilloni – decidono di puntare tutto sull’innovazione e sulla qualità dei vini. Negli anni Ottanta il controllo della produzione è affidato a un protagonista indiscusso della rinascita enoica italiana, Giacomo Tachis, che con passione e determinazione conduce la cantina al successo nazionale e internazionale, valorizzando ed esaltando le caratteristiche intrinseche delle varietà autoctone. Nascono così vini di altissima qualità, in equilibrio tra tradizione contadina e innovazione, impronta territoriale e spiccata personalità.

Oggi la cantina – con i suoi 600 ettari vitati, un diametro produttivo di 30 km e 20.000 mq di area edificata – è una struttura moderna dotata di nuovi impianti di produzione, un’elegantissima e suggestiva barricaia e un innovativo laboratorio di analisi. Divenuta ormai un’ambita meta del crescente turismo enologico, è un vero e proprio fiore all’occhiello del mondo produttivo sulcitano: oggi i suoi vini sono presenti nei cinque continenti e rappresentano una delle anime più autentiche della Sardegna.

Con il suo Riserva Rocca Rubia 2016, Cantina Santadi centra in pieno l’obiettivo che si è posta sin dall’inizio della sua storia: la valorizzazione del Carignano. Rocca Rubia è uno dei rossi a cui questa regione è più affezionata, per la sua struttura, la sua facilità di beva e l’ottimo rapporto qualità-prezzo. Prodotto esclusivamente con uve Carignano dei vigneti a piede franco allevati ad alberello sulla costa del basso Sulcis, ha un terroir composto prevalentemente da sabbia e argilla e povero di sostanze organiche. Il Carignano è un vitigno vigoroso, in grado di resistere alla forte salsedine che arriva dal mare, al vento di Maestrale e alle scarse precipitazioni, difficoltà che, insieme alla forte esposizione solare, arricchiscono gli acini di aromi unici. Il clima del Sulcis è caratterizzato da inverni miti e non troppo piovosi e da estati assolate e quasi siccitose, ma le brezze marine mitigano la temperatura. Le uve – dopo la raccolta manuale, che inizia a fine settembre – fermentano e macerano per circa due settimane in serbatoi di acciaio a temperatura controllata, con frequenti rimontaggi per favorire l’estrazione dei nobili tannini di cui è ricca la buccia. Dopo la fermentazione malolattica, Rocca Rubia viene trasferito in barriques francesi, contraddistinte da grana fine di primo e secondo passaggio, e qui sosta per quasi un anno, per incrementare struttura, morbidezza e complessità, prima di affinare per qualche mese in bottiglia.

Nel calice rifulge con una veste rosso rubino profonda e impenetrabile. Il bagaglio olfattivo, vigoroso e complesso, esprime sentori di frutta matura rossa e scura (ciliegie, more di rovo e mirtilli), che col tempo evolvono in sensazioni di confettura. Seguono note speziate di pepe nero, chiodi di garofano, liquirizia ed eleganti sfumature balsamiche di mirto e bacche di ginepro, che richiamano il territorio. Chiudono innumerevoli sfaccettature di cuoio e tabacco dolce. Al gusto è caldo e avvolgente, con una compattezza gustativa unica ed equilibrata tra sapidità e tannini finemente forgiati. Un sorso appagante di rara morbidezza accompagna la degustazione, contraddistinto da un frutto polposo che lo rende quasi interminabile. 

Si abbina perfettamente a primi piatti con saporiti sughi di carne, a selvaggina e formaggi di lunga stagionatura, come un Pecorino di Sardegna DOP o un caciocavallo stagionato leggermente piccante, ma è ottimo da sorseggiare seduti vicino al camino mentre un maialetto rosola lentamente sulla brace. Un grande vino, senza ombra di dubbio, che promette di evolvere nel tempo, quando questo Carignano toccherà quegli apici qualitativi che inseriscono Cantina Santadi fra i grandi produttori di Sardegna. Alla salute!