Chiunque ami il vino sogna di imbattersi in un assaggio emozionante, di quelli che ti sorprendono, ti prendono e ti rendono un winelover appagato e felice. Se ti accade quando sei con gli amici giusti, allora la condivisione non soltanto aumenta il piacere, ma trasforma le impressioni in certezze e prolunga il ricordo, rendendolo spesso indimenticabile.
Stesso posto e stesse persone, in occasione del mio compleanno: il carissimo amico enotecario di Bologna ci apre una bottiglia ben coperta e ci chiede di tradurre in parole quello che ci dice il vino. Ci vengono subito in mente altre occasioni simili, in cui avevamo sparato sfondoni anche vergognosi (dimenticati in gran fretta, per recuperare un minimo di autostima), e poi ci dedichiamo al nostro vino, che si presenta inconfondibile sia alla vista che al naso, dandoci indicazioni piuttosto precise.
Sentori di sottobosco (violetta, fragoline, lampone e lievi note terrose), sorso succulento e fresco, ma anche setoso; poi, in progressione, aromi di peonia e rosa, seguiti da frutti più scuri, amarena, note minerali, note speziate appena accennate (liquirizia, tostatura e caffè leggero: se potessi, direi decaffeinato) e piacevolissime, con un tannino che smorza la spinta degli aromi fruttati e con una persistenza che fa il riepilogo di tutte le sensazioni. Tutto in maniera elegante, in un vai e vieni di retrogusti senza prevaricazioni o eccessi, lasciando il cavo orale asciutto e pronto a rinnovare l’assaggio, ma – e questo è davvero raro – senza alcuna fretta, perché aromi quasi impalpabili continuano ad alternarsi e rincorrersi nel naso e nella gola.
«Pinot Nero e Borgogna» diciamo, sapendo quanto sia scontato. «Questo lo ha detto anche mia figlia più piccola» ci dice Francesco. «Da voi mi aspetto qualcosa di più preciso e magari anche l’annata e il produttore». Ci tuffiamo in ripetuti assaggi, goccia a goccia, per rievocare tutti i nostri ricordi e percorrere avanti e indietro le strade fra Vougeot, Chambolle-Musigny e Morey-Saint-Denis. Alla fine decidiamo di fermarci vicino a Chambolle, guardandoci intorno alla ricerca del cru che ci sta regalando queste emozioni. Niente da fare. Scegliamo di puntare su un Premier Cru (ma forse lo facciamo per puro interesse economico) e ipotizziamo anche di essere tra le annate 2018 e 2019, ma sul cru e sul produttore non sappiamo cosa dire: ci autoassolviamo dicendo che in fondo noi siamo soltanto degli appassionati, non assaggiatori seriali (ma quanto ci piacerebbe!), né preparatissimi professionisti del settore.
La nostra ignoranza non ci pesa per niente, anzi, in questo momento ci sentiamo invece dei privilegiati, accomunati da alcune certezze: la piacevolezza del sorso, la profondità dei sentori, il gusto sottile ma deciso e la sensazione di essere di fronte a un vino eccitante. Non accade spesso e, quando capita, l’entusiasmo ci fa sentire più ricchi e – chissà per quale anomalo e deviato processo psicologico – addirittura persone migliori.
Quando Francesco scopre la bottiglia – di cui ci siamo già un po’ innamorati – per dirci ciò che non sappiamo, restiamo delusi per non aver conosciuto prima questo infinito Chambolle-Musigny Premier Cru Les Hauts-Doix 2018 Robert Groffier Père & Fils e – alla luce del piacere che ci sta procurando – la cosa ci fa sentire di nuovo ignoranti (e allora, evidentemente, lo siamo). Però subito dopo pensiamo che, se non lo fossimo, non avremmo potuto – né potremmo godere in futuro – di sorprese come questa: e questo ci basta per tornare ad essere soddisfatti e contenti, minimizzando questa (ormai perdonatissima) carenza.
Mentre riprendiamo a sorseggiare, ci viene da riflettere sui condizionamenti a cui il vino a volte ci sottopone – di solito, il nome in etichetta, o l’umore, o l’ambiente, o la compagnia, o la sensazione di una situazione di esclusività – e su come questi condizionamenti alterino il giudizio nelle degustazioni. Ma quando la bottiglia è coperta – come dovrebbe essere in ogni seria e imparziale degustazione – e la compagnia è la stessa, l’unica suggestione non può che provenire dal vino. Come questo Les Hauts-Doix – una vigna tra Les Amoureuses e Les Charmes, al confine con Vougeot – le cui uve vengono sottoposte da Groffier a plurivendemmie e a plurivinificazioni diversificate, allo stesso tempo semplici ed elaborate, tradizionali e innovative, sicuramente geniali. Per donare felici sorsi a tutti.