Sud Africa, Stellenbosch, Valle dell’Helderberg.
Ci troviamo a sud di Stellenbosch nella regione vinicola denominata Coastal Region.
La valle prende il nome dalla montagna che la sovrasta (Helderberg in afrikaans significa “montagna chiara”, per il l’affascinante modo cui il versante occidentale della montagna viene illuminato la sera), alta poco più di 1.100 m s.l.m, appartenente alla catena montuosa Cape Fold Belt (la stessa della famosa “Table Mountain”) e si estende fino alla False Bay, situata sulla costa meridionale del Sudafrica a est della Penisola del Capo e a ovest del promontorio di Cape Hangklip (il nome “Falsa Baia” è dovuto al fatto che spesso, i naviganti olandesi che dovevano attraccare per i rifornimenti la scambiavano per la baia di Cape Town essendo Cape Hangklip di forma molto simile al Capo di Buona Speranza, estremità meridionale della Penisola del Capo).
Sulle vette più alte della Cape Fold Belt, che raggiungono i 1.590 mt s.l.m., non è raro vedere la neve nei mesi più freddi (luglio e agosto), perché la vicinanza della regione all’oceano la rende notevolmente più fresca rispetto a quelle interne.
Ed è in questa valle che ha sede Annandale, una “piccola” cantina che può vantarsi di essere la fattoria più antica della zona: conosciuta fino agli inizi del 1800 con il nome di “Brakelsdal”, cambiò nome quando l’allora proprietario si innamorò di una ragazza scozzese abitante della valle del fiume Annan.
Annandale fu anche scuola di equitazione: ecco perché un cavallo come logo aziendale.
L’attuale proprietario è Gerard “Hempies” Du Toit giocatore di rugby conosciuto a livello mondiale che, dopo essersi laureato in enologia all’Università di Stellenbosch e, come suo padre in precedenza, essere stato l’enologo della non lontana tenuta “Alto”, quando quest’ultima fu venduta nel 1996 decise di acquistare “Annandale”.
Ancora oggi fanno parte della tenuta una casa padronale datata metà 1700 ed una cantina invece, di diversi anni più antica…un ambiente decisamente semplice, ma pieno di fascino.
Prima di piantare gli attuali 45 ettari vitati suddivisi tra cabernet sauvignon, shiraz, merlot e cabernet franc (tutti messi a dimora tra il 1996 e il 1999), Du Toit ha preparato i suoli piantando ortaggi e rafforzando ulteriormente i terreni, costituiti per lo più da disfacimento granitico, con l’apporto di compost naturale e fertilizzante organico.
Si tratta di vigneti piantati a media densità, ma sui quali vengono eseguite potature “aggressive” per diradare i grappoli e ottenere basse rese di uve, che vengono poi ulteriormente selezionate in fase di vendemmia, per arrivare a lavorare solo grappoli di altissima qualità.
La filosofia di questa cantina è produrre i propri vini di qualità con il minor intervento possibile: non vengono inoculati lieviti commerciali e la fermentazione è un processo che si svolge in modo totalmente naturale e spontaneo.
Quando è necessario raffreddare le vasche, viene deviata l’acqua dal vicino ruscello e fatta scorrere sopra le vasche stesse per poi essere restituita al suo letto naturale.
Non vengono, inoltre, eseguiti chiarifiche e/o travasi.
Questa cantina produce pochi vini, sia in numero di etichette che in numero di bottiglie, ma tutti di grande qualità: la gamma comprende “Cavalier” (blend di 50% Cabernet Sauvignon, 35% Merlot e 15% Shiraz), “Cabernet Sauvignon”, “Shiraz”, “Chalbert” (merlot 100%) e “CVP” (shiraz 100%).
“WOW” numero 1 è stato il “Cabernet Sauvignon”: 100% cab sav (come lo chiamano amichevolmente i winemakers sudafricani), annata 2020.
Dopo la fermentazione in acciaio, il vino riposa e si evolve per 20 mesi in barriques di rovere francese di 1°, 2° (per la maggior parte) e 3° passaggio e, prima di essere messo in commercio, rimane in cantina in bottiglia per altri 6 mesi.
L’uso del legno è decisamente gestito con maestria perché apporta al vino carattere, spessore ed eleganza, ma senza coprire le caratteristiche tipiche del varietale.
Vino dal colore rubino pieno e profondo, talmente profumato da percepire i primi sentori già mentre veniva versato nel calice: un naso fragrante di ribes e mirtilli neri, con una nota dolciastra di ciliegia scura. Seguono note più evolute speziate, vegetali e tostate di bacche di ginepro, muschio, legno di cedro, foglia di tabacco del sigaro.
Tannino marcante nella presenza ma assolutamente setoso e ben integrato: ottimo il gioco di pulizia con l’acidità ancora vibrante del vino e la piacevole morbidezza che l’importante presenza di alcol (14,5%) da al calice.
Nota: ho specificato che il cab sav è in purezza, perché in Sudafrica è possibile indicare la varietà in etichetta purché questa sia presente per almeno l’85%.
“WOW” numero 2 il “Chalbert”: 100% merlot, annata 2005.
Questo vino ha sostato per ben 6 anni in barriques di rovere francese (sempre con la stessa modalità del Cabernet Sauvignon) prima di essere imbottigliato ed offerto, nel 2011, ai commensali del pranzo di nozze di Alberto di Monaco e Charlene Wittlock (da qui il nome, prima si chiamava semplicemente “Merlot”).
Vino talmente intenso, pieno e imponente da sembrare uno sherry ispanico.
Naso connotato da sentori fruttati di prugna sotto spirito, fico, melograno e frutta rossa candita; speziatura dolce di anice stellato e chiodi di garofano, poi ancora miele di castagno e nota eterea di acetone per le unghie … ma non finisce qui … anche la classificazione di ampio risulta riduttiva.
In bocca il vino è estremamente vellutato, di una struttura robusta quasi masticabile, infinito nella lunghezza e ancora estremamente fresco: impossibile smettere di berlo.
Il “WOW” numero 3 se lo è accaparrato il “CVP” alias “Cape Vintage Port”: ebbene si, un vino “porto style” realizzato con 100% Shiraz e lasciato a maturare in botte per ben 8 anni.
Le annate degustate sono state 2004, 2005 e 2006 ma il mio “coupe de foudre” è dedicato soprattutto al 2006, perché oltre ad avere già tutte le caratteristiche olfattive e gustative dell’annata 2004 (cioccolato gianduia, mallo di noce, china, camomilla, lacca per capelli), presenta ancora una freschezza giovanile che ne rende instancabile la bevuta.
Un particolare ringraziamento a Jean Botha Sales and Marketing Manager della cantina, che ha guidato con incredibili entusiasmo, simpatia e passione la degustazione.
Samanta Braga