TESI del MASTER ALMA – AIS di Luca Carnevali
Ho incontrato Giorgio e Sonia Mercandelli nella loro casa-cantina di Canneto Pavese e quando ho chiesto a Giorgio di parlarmi delle sue origini mi ha risposto così: “… Sono nato in una famiglia dove il vino era il motivo per tutto: pregare, ridere e guadagnare, e io mi incantavo a guardare le persone che quando bevevano si trasformavano… per me il vino era magico.
Ero un bambino vivace, spesso insopportabile e maldestro, e il giorno in cui il nostro irascibile cagnolino venne trovato morto sul divano riconobbi nel rifesso dei suoi occhi il mio stesso odioso carattere. In quel momento tutta la mia vivacità si trasformò in un’insaziabile curiosità verso la vita, ma più cercavo negli altri le risposte più aumentava la mia insoddisfazione e la paura della morte. Sono cresciuto nell’agiatezza di una realtà segnata dai soldi, dai sentimenti e dal disappunto di mio padre. Con la sua morte ho conosciuto la solitudine e l’indigenza come un vuoto in cui avevo perso tutto; a quel tempo avevo una moglie, tre fgli e il denaro per un mese di sopravvivenza, ma tra le avversità e le persone che mi voltarono le spalle accaddero cose inaspettate, che mi cambiarono la vita.
Tutto iniziò quando una signora mi invitò a coltivare la terra del suo caro marito e io tra quelle piante antiche e tortuose sono rinato, perché in quel vigneto ho provato la gioia di sentirmi un tutt’uno con la vita della natura, dove il cielo, i fori e gli insetti erano forme e colori che ogni pianta maturava nei frutti come un’esperienza della mia stessa realtà, e mi ispirai al senso di un vino che riportasse il gusto di quel ricordo nel cuore di tutti gli uomini del mondo”.
È questo l’incipit a cui Mercandelli si ispira per realizzarsi in un vino che considera “… il gusto di un’esperienza che sviluppa il pensiero verso il futuro della nostra realtà”.
La realtà rifette il senso fnalistico di una coscienza che si divide in ogni esistenza per sviluppare la consapevolezza attraverso lo sviluppo della nostra identità legata all’entropia della vita, che evolve ogni cosa del mondo, dove tutto esiste perché ha il suo ritmo e dove tutto è connesso perché ha la stessa origine: “… l’origine della vita che si realizza nel presente in cui rifette la propria eternità”. Il presente generato dall’incontro tra la funzione d’onda del passato, che rifette la sua storia (la timeline) e la funzione d’onda del futuro, che rifette la vita della coscienza (la lifetime), per creare l’olomovimento della realtà in cui tutto evolve come un frutto che matura il senso della sua stessa esistenza.
“… Le piante mi hanno sempre impressionato per la capacità di vivere nel tempo e nello spazio come se conoscessero il mistero del mondo e io sono tornato alla terra per cercare il senso della vita. L’ho trovato tra i vigneti abbandonati, che non si arrendono mai, e adesso riporto la loro esperienza dall’invisibile al visibile, dalla luce al vino, in cui continua a esprimersi nel gusto di ogni bottiglia … perché la mia vita è cambiata dopo un bicchiere di vino che trasformò le mie paure in un nuovo modo di essere, di fare e di pensare… Il gusto di quell’esperienza mi illuminò la mente, come una luce nel buio dell’esistenza, portandomi nel vuoto di una realtà senza tempo che condensava il suo spazio nel mio centro per evolversi nella gioia di esprimermi, come artefce della sua creazione, verso il futuro del mondo”.
Il vino biotico (bios/vita + tyca/arte = arte della vita) di Mercandelli unisce la propria esistenza a quella che il vigneto matura nei frutti come un’esperienza della vita che sublima la realtà “… con una goccia d’eternità immersa nel gusto del presente” per evolverci oltre la dualità del mondo materiale e mortale dove anche l’ossigeno, che permette lo sviluppo della vita, è anche quello che la distrugge “ossidando” la materia che la incorpora e dove ogni corpo separato dalla vita “perisce e marcisce” come in ogni bottiglia in cui la più piccola traccia del frutto resta soggetta all’entropia.
“Mi realizzo nella purezza di un vino che non ha il sapore dell’uva, che fermenta e muore perché è mortale, ma di ciò che fermenta e vive in quanto eterno, perché viene dal futuro della realtà che ha creato e trasformato il frutto nello stesso modo in cui ha creato e trasformato l’uomo fn dall’origine di Tutto”.
Se il vino è, per l’immaginario collettivo, il risultato di una bevanda che rifette “un’esperienza del gusto” legata alla moda del proprio tempo, per Mercandelli è invece il “gusto di un’esperienza” fondamentale per lo sviluppo dell’umanità, perché sviluppa il senso della vita che unisce l’uomo e la natura fn dall’origine.
Su questi presupposti il vino convenzionale, biologico, biodinamico… rifette il senso di una piacevolezza legata ai caratteri della varietà, del territorio e della tecnica necessari a progettarlo, produrlo e conservarlo, mentre il vino dell’artefce è come l’uomo, cioè: “… un frutto della vita che si evolve attraverso un “campo esperienziale”, sintonizzato nel presente, sincronicamente connesso alla realtà della coscienza che sta all’inizio e alla fne di Tutto”.
“Sono il frutto di una coscienza che si rifette nel mondo
e il vino è il frutto del mondo che si rifette in ogni coscienza”
Tutto inizia quando i lieviti e i batteri del grappolo (che hanno vissuto la loro esperienza nello stesso vigneto) iniziano a trasformare i suoi infniti sentori fruttati in quelli vegetali e poi in quelli minerali, per ripercorrere a ritroso nel tempo ciò che la pianta ha impresso nel frutto come un pittore sulla tela; e dal momento che questa fermentazione rifette lo stesso ciclo della vita essa prosegue fno all’origine, oltre lo spazio e il tempo, dove tutto è eterno. Solo a questo punto, tornando dall’invisibile al visibile, il vino evolve in una nuova sostanza che sviluppa il gusto della propria storia nell’espressione unica e irripetibile di ogni bottiglia.
Un vino coerente all’attività fuidodinamica dei vortici centripeti (sintropici) che producono ogni forma della realtà e di quelli centrifughi (entropici) che la dissolvono incessantemente per portarla verso il futuro della propria esistenza. Per Mercandelli è questo il movimento che sviluppa il rumore di fondo della natura legato alla frequenza (cioè all’informazione) della pulsazione che la vita sviluppa nel presente, in cui la nostra coscienza (l’unicità) è sincronicamente connessa alla realtà “non locale” (senza spazio, tempo e energia) della coscienza creatrice (la singolarità).
Centrifugo e centripeto, alto e basso, grande e piccolo, “… sono espressioni della dualità, relativa alle infnite contrapposizioni con cui percepiamo la realtà dell’unica vita che si realizza nel mondo, dove l’equilibrio non è un poco di tutto bensì tutto di entrambe, ma in armonia”.
Nell’armonia la singolarità della coscienza si rifette nell’unicità di ogni esistenza, come in ogni opera in cui si rifette l’eternità.
È questa la qualità più ricercata dal mercato elitario, che vede nell’esclusività di tutto ciò che è unico il valore di un’esperienza coerente all’eternità, diferentemente da tutto ciò che viene considerato un “prodotto” perché legato al rapporto tra la domanda e l’oferta.
L’opera d’arte è un’espressione della “singolarità” che risuonando (per coerenza) in ogni esistenza la evolve verso il futuro della sua realtà (per quanto soggettivamente interpretata dall’osservatore). Per Mercandelli questa è l’unica condizione dalla quale è possibile sviluppare la consapevolezza perché permette di evolvere attraverso l’esperienza terrena a partire dai pilastri imprescindibili dell’esistenza: la respirazione e l’alimentazione (anche se fossimo anosmici, paralizzati, ciechi, sordi, muti …).
In conseguenza di ciò le due funzioni d’onda, rispettivamente del passato e del futuro, trovano nel presente della nostra mente il punto in cui collassano per produrre la realtà in cui l’hic et nunc (cioè il: qui ed ora) non è che la soglia del caos dal quale sviluppiamo il nostro potenziale creativo. Una realtà “psicobiofsica” in cui tutto ciò che immaginiamo rifette olografcamente (in modo frattale) gli stessi contenuti della coscienza che sviluppiamo verso l’esterno (in senso centrifugo) per comprenderli in senso centripeto attraverso l’esperienza della realtà, diversa da soggetto a soggetto, da momento a momento e da luogo a luogo (come accade per ogni pianta che concorre alla vita di un dominio più grande, cioè il vigneto, che concorre a sua volta a quello più grande, cioè il territorio… fno al più grande e complesso del cosmo).
La circolarità di questa esperienza rifette quella della vita che, attraverso l’esperienza maturata dal “vigneto-organismo”, viene riportata all’origine per “incorporare” anche quella dell’artefce in una nuova forma di esistenza (il vino) che prosegue attraverso l’esperienza di un’altra coscienza (il degustatore).
La fermentazione alchemica rifette lo stesso percorso della vita (e quindi della coscienza), dove l’esperienza che la pianta matura entropicamente nel frutto viene riportata sintropicamente all’origine, per trasmutare in un vino che rifette la storia di tutto il suo percorso.
Sintropia è proprio questo: vivere l’eternità nel presente, recuperando dal passato ciò che viene dal futuro, esattamente come accade nella fermentazione quando si recupera l’esperienza del grappolo per instillare nel vino il distillato della pianta.
ll vino biotico è una sostanza coerente a un’esperienza della vita che si esprime sincronicamente nel presente (anche dopo giorni, mesi o anni dall’apertura della bottiglia) in cui si equalizza al rumore di fondo per sviluppare il suo potenziale nel mondo.
Una sostanza universale perché, superando gli aspetti materiali del gusto, non è più in confitto con alcun piatto o sostanza, esattamente come un’emozione, un pensiero o un sentimento.
Il detto: “Siamo ciò che gustiamo” rifette il percorso dell’esistenza legato alle scelte che facciamo per comprendere (anche inconsciamente) la realtà riportandola all’interno della nostra unicità, parallelamente al percorso della coscienza che attraverso la vita realizza il suo ritorno all’essere unico e originario di Tutto.
Le opere liquide, contraddistinte dal nome dell’artefce, esprimono l’unicità del suo rapporto con ogni singolo vigneto, mentre nelle cuvée Mercandelli unisce diversi vini per sviluppare il vissuto dei rispettivi vigneti nell’armonia di un’unica bottiglia.
“… L’esperienza del gusto rifette una qualità della materia che dura il tempo della sua percezione, mentre il gusto di un’esperienza rifette un ricordo della vita che può durare, e quindi agire, per tutta l’esistenza”.
Il senso è quello di cogliere da ogni grappolo il gusto della sua esperienza, dove la buccia rifette il presente che incorpora il passato (la timeline) nella polpa e il futuro (la lifetime) nei vinaccioli.
La fermentazione ha lo scopo di dissolvere la materia del frutto per ottenere “un liquido totipotente” (dove il colore rifette l’immagine batocromica della luce che la pianta fssa nei frutti fno alla vendemmia), privo di qualsiasi profumo e sapore ma portatore di un’esperienza che conserva il potenziale creativo dei vortici che continuano a dispiegarsi in bottiglia, come la pellicola di un flm, sviluppando il gusto della propria storia.
Anche Orocoro, la cuveé di Cantina Alchemica che rifette il progetto corale di unire i vini di più artefci (Oreste Sorgente, Luigi Cagnoni, Igor e Sonia Pasquale, Marco e Paolo Merighi) nell’esperienza di un’unica bottiglia, è rappresentato da un’etichetta sinestetica simbolicamente coerente alla sua storia, mentre i vini dell”autore si diferenziano non certo per un diverso approccio creativo ma per la capacità di rifettere il suo esclusivo rapporto con ogni singolo vigneto in una forma d’arte liquida, assimilabile alla pittura, alla musica, alla scultura, alla scrittura, etc… dove ogni bottiglia manifesta la propria unicità attraverso le immagini realizzate dallo stesso artefce per esprimere il valore assoluto della sua origine.
Un esempio è la collezione Archetipo dove i tratti disegnati dall’autore esprimono il linguaggio archetipale dei colori (Blu = Anima = Tempo / Rosso = Spirito = Spazio / Verde = Mente = Energia).
I vini di Giorgio Mercandelli termineranno nel momento in cui fnirà la vita creativa dell’artefce.
Per lui “vivere signifca sviluppare ciò che siamo da sempre”: una condizione che si rifette nel vino quando la tecnica, il territorio e il varietale non entrano nel processo creativo perché sono solo un’immagine della realtà.
Infatti per l’artefce il vino è un’esperienza della vita (non della materia che l’ha incorporata) in cui è l’unico autore di tutto il suo percorso.
Un percorso creativo senza compromessi, dove l’unica tecnica è non avere tecnica e l’unico limite è non avere limiti, che sviluppa il valore assoluto di un’opera legata all’esperienza della propria esistenza (non del lavoro o del sapere fne a sé stessi).
Altrimenti “… sei semplicemente un attore che vive a seconda di quello che accade”, come diceva sinteticamente Musil.
La vinifcazione avviene in botti realizzate in una resina speciale, simile al vetro, dotata di un’ottima inerzia termica, di una fne porosità e di una certa elasticità che permettono all’artefce di proseguire in cantina la sua personale relazione, fno alla bottiglia.
“… In cantina ogni azione è in relazione alle stesse frequenze che caratterizzano la vita della pianta e che continuano, senza interferenze, a caratterizzare quella del vino”.
Un vino coerente alla vita della natura senza che nessuna sostanza possa interferire nei suoi delicati equilibri, perché i trattamenti potrebbero essere la causa di reazioni, come le malattie: un dominio di coerenza ha una sua armonia e un intervento improprio rischierebbe di trasformare in infestanti le stesse piante che ci si prefgge di proteggere… e allora: quis custodiet ipsos custodes? (cioè: chi controlla i controllori?)
Mantenere l’armonia della natura signifca creare una relazione col vigneto che permetta alle piante di realizzarsi in un frutto coerente alla vita, piuttosto che allo scopo utilitaristico di una produzione fne a sé stessa, perché la natura è un’espressione della vita che ha come obiettivo lo sviluppo della propria esistenza: il risultato è un vino che mantiene la stessa purezza della linfa che scorre nella pianta in totale coerenza con la vita che, nel senso ciclico del termine, scorre in noi, nel frutto e in ogni cosa del mondo.
Una condizione che non nasce dalla competizione di fare qualcosa migliore di altri, ma da una relazione con la natura che porta alla collaborazione di ogni esperienza della realtà coerente all’unicità della vita, afnché essa si rifetta creativamente nel vino.
“Ogni bottiglia è unica, come la vita di ogni esistenza”
A questo punto ci si può chiedere: cosa passa tra un produttore e un artefce?
“Il produttore cerca il gusto del terroir, l’artefce cerca sé stesso”.
Un concetto legato a una diferenza non certo sensoriale ma sostanziale, dove il vino del produttore è il risultato di una relazione duale e quindi materiale con la realtà, mentre quello dell’artefce è il risultato di un’esperienza coerente al senso della sua stessa esistenza. Un’esperienza che Mercandelli esprime attraverso un modello assolutamente inedito: “… voglio che il vino rifetta la vita della coscienza, non i miei limiti e i miei difetti”, perché per lui l’arte risuona in ogni esistenza quanto più è autentico il suo percorso creativo (quindi della creazione, non del suo creatore).
Un percorso diverso da qualsiasi altro vino nato da un rapporto produttivo intrinsecamente selettivo e deduttivo, che si traduce in un’esperienza del gusto legata a un’interpretazione del frutto, cioè della materia che ha “contenuto la vita”.
Il vino dell’artefce realizza un efetto sensoriale che anticipa quello sinestetico di risonanza ovvero, più semplicemente: fa nascere emozioni, perché sviluppa il gusto di un’esperienza che si trova sullo stesso piano esistenziale del degustatore.
Per Mercandelli non siamo quindi uomini dotati di vita, ma un’espressione della vita che dà forma alla nostra immagine di uomini per evolvere attraverso l’esperienza della realtà che viviamo nella gioia di ricordarci chi siamo; un amor fati, in contrapposizione alla dualità in cui viviamo quando crediamo di essere separati dalla realtà che noi stessi creiamo quando rompiamo la simmetria in cui si realizza l’armonia della vita.
Su questi presupposti chi vive sviluppando creativamente la propria unicità verso l’esterno, per realizzare il futuro della propria esistenza, si evolve nel senso della stessa coscienza creatrice, mentre chi sviluppa un’immagine materiale di sé, per sopravvivere meglio alla realtà, si evolve nei limiti della stessa dualità che produce per distinguersi.
Il vino d’autore non sminuisce i valori della varietà e del territorio ma li amplifca, attraverso la consapevolezza con cui sviluppa la loro peculiare bellezza nel gusto di un’esperienza coerente all’universalità della vita, dove non esiste una varietà e un territorio migliore perché nell’armonia della natura non esistono ingiustizie.
I vini biotici non nascono da una volontà produttiva, ma da una visione olistica del mondo in cui non c’è nulla da togliere perché non c’è nulla da aggiungere all’armonia in cui l’uomo, il cielo, la terra, le piante, gli insetti… sono frutti della stessa realtà che si realizza nell’unicità di ogni bottiglia.
“Il vino non è un prodotto della natura, ma della natura dell’uomo
in quanto espressione dello stesso pensiero che crea il suo futuro nel mondo”.
Mentre il sistema vitivinicolo segue degli obiettivi legati al mercato e alle ambizioni del produttore, l’artefce segue l’armonia della natura per realizzarsi in un’esperienza percepibile anche senza l’uso dei sensi (il metagusto) perché coerente alla stessa qualità con cui sviluppiamo i pensieri, i sentimenti e la nostra consapevolezza.
La degustazione olistica si propone di cogliere da qualsiasi cosa della realtà il valore più alto della qualità: il gusto dell’esperienza. Un valore che sviluppa la consapevolezza perché unisce le percezioni di entrambi gli emisferi cerebrali, quindi i descrittori fsico-chimici della materia (riferiti alla timeline) e quelli creativi della coscienza (relativi alla lifetime), per integrare il senso della vita a quello della propria visione del mondo.
“ … La degustazione olistica coglie la peculiarità della materia di evolversi
per evolverci attraverso l’esperienza della realtà che respiriamo e mangiamo”.
Luca Carnevali
ALMA – Scuola Internazionale di Cucina Reggia di Colorno (Parma) 2 agosto 2023