COMUNICATO STAMPA – Il 22 agosto 2019 Antonio Galloni ha pubblicato il suo rapporto annuale sul Chianti Classico, scrivendo con tale vigore che il rispettato critico quasi fatica a contenere il suo entusiasmo: «Non ricordo l’ultima volta in cui sono stato così entusiasta del Chianti Classico e dei suoi vini» è stata la frase che ha attirato l’attenzione su quello che si sarebbe rivelato un resoconto memorabile del presente e del futuro di uno dei territori più famosi e amati della viticoltura italiana.

Dopo una visita approfondita in azienda nel mese di luglio, la recensione su Castello di Ama è stata contrassegnata da una sola parola: eccezionale. La cosiddetta “edizione memorabile” del 100% Merlot L’Apparita di Ama si è rivelata la più degna di nota. Premiata con un punteggio senza precedenti di 100 punti, è indicata come «uno dei vini più maestosi e visceralmente emozionanti che abbia mai assaggiato qui». Parole preziose anche per una delle cantine più ammirate della denominazione, con una storia di ripetuti successi nelle mani di Lorenza Sebasti e dell’enologo Marco Pallanti.

L’Apparita, in molti modi, racconta la storia della carriera di Pallanti, che arrivò ad Ama nel 1982, dopo aver avuto come tutor il leggendario e compianto Patrick Léon, all’epoca enologo in-chief di Château Mouton-Rothschild. In Léon, Pallanti trovò un mentore che seppe infondergli un’infinita passione per il savoir-faire francese, sia nei vigneti che in cantina.

Apparita è un nome che deriva dalla toponomastica del luogo, a un’altitudine di quasi 500 metri; le preziose parcelle che producono le uve che alimentano questo vino si trovano nella parte più alta del Vigneto Bellavista, da cui è possibile vedere – o, come si dice in Toscana, “apparire”, nelle giornate limpide – Siena. Le parcelle del vigneto destinate al Merlot occupano poco meno di 3 ettari e furono impiantate con il clone 342 del Merlot tra il 1982 e il 1985, cioè proprio nei primi tre anni di Marco Pallanti a Castello di Ama.

Appassionato di filosofia e fervido cultore di arte contemporanea, Pallanti è un guru unico nel suo genere. È uno degli enologi più rispettati del Chianti Classico, un territorio in cui non mancano certo i grandi talenti. Sui primi 100 punti assegnati a un suo vino, Pallanti dice: «Quando è che un’opera d’arte può dirsi completa? Quando ogni nuova aggiunta mantiene quell’armonia che la rende perfetta. Ogni altra cosa diventa troppo. Il vino è la personificazione di un sentimento. È soltanto amore e sensibilità, cioè conoscenza convertita in passione, per cui sono molto onorato che un giornalista tra i migliori al mondo ritenga che un mio vino abbia raggiunto quell’equilibrio perfetto che ricerco ogni anno, ma che solo talvolta si realizza».