Mi chiedo spesso quale sia la molla scattante in ogni persona che decide di provare a realizzare un sogno, nonostante i tanti ostacoli e gli immancabili imprevisti in agguato. Domanda che mi sale dentro in maniera ancor più prepotente incontrando a Firenze Franco Gigli, titolare della piccola quanto fortunata Azienda Agricola Sant’Agnese, che – per chi non la conosce ancora – si trova sulla costa toscana, tra Baratti e Piombino. Franco è un narratore perfetto – quanta invidia provo, ad ascoltarlo! – e gli si illuminano gli occhi quando inizia a raccontarmi la sua favola tutta made in Tuscany. Ex progettista della IBM, giunto ormai alla soglia della pensione, decise di acquistare un lotto di terreno che si rivelò più esteso di quanto indicassero le carte catastali: ben 39 ettari, su una piccola collina fronte mare ad altezze oscillanti tra i 150 e i 250 metri. Posizione ottima per la coltivazione della vite, con perfetta ventilazione ed escursioni termiche, su un terreno duro, argilloso e con buon drenaggio ma una pessima predisposizione per essere lavorato. 

I vini di Sant’Agnese sono frutto di una particolare cura della vigna, nel perfetto rispetto dei princìpi di lotta integrata. Non mancano le uve internazionali, che ben si adattano alla tipologia di questi suoli e climi asciutti, ma le soddisfazioni migliori sono state ‘colte’ (perdonatemi il doppio senso) dai vitigni locali, in particolare Sangiovese e Vermentino.

Proprio quest’anno il massimo riconoscimento della guida Vitae è stato sfiorato per un soffio proprio da un Vermentino, L’étrange 2016, nato da una vinificazione in vetroresina con lieviti autoctoni e senza filtrazioni. Giallo paglierino perfetto, al naso è ricco di erbe officinali bellissime, che mi trasportano idealmente sulle colline lungo la costa toscana, in cui dominano pini marittimi e macchia mediterranea. Il gusto è sapido e intenso, con passion fruit e canditi di panettone chiaramente percepibili. Poco a che vedere con l’altro Vermentino dell’azienda, il Kalendamaia, una tipologia più tradizionale e forse un tantino ingessata nei classici canoni di fiori e frutti a polpa bianca, mentre ne L’étrange si sente abbastanza chiaramente la mano più moderna dell’enologo Fabrizio Moltard.

Il secondo assaggio lo dedico al Libatio 2008, un Sangiovese in purezza dall’aspetto scuro come la pece e dall’avvolgenza olfattiva di more selvatiche, viole appassite, tabacco Kentucky e liquirizia. In bocca domina assolutamente la nota balsamica, con un leggero ritorno agrumato. Un’altra grande interpretazione del vitigno principe della Regione. 

Impressionato e soddisfatto dalla qualità e dalla pulizia di questi due vini, mi ritrovo impaziente di assaggiare il rosso Spirto, il top di gamma dell’azienda, e mai mi sarei aspettato di trovare – al banco di assaggio – una vera e propria verticale (con le annate 2004, 2003 e persino la bistrattatissima 2002, prodotta in piccolissime quantità). Spirto è un blend a maggioranza Merlot unito a Cabernet Sauvignon, nel più classico stampo bordolese. Tutte e tre le annate appaiono invitanti alla beva già dal colore rubino carico e denso, ricevuto in dono da un uso sapiente della barrique, e dall’aspetto succoso. Mi sembra di avere davanti tre ragazzini, giunti probabilmente alla soglia della maggiore età ma ancora indecisi su cosa fare da grandi. Naso e bocca – in perfetta coerenza – esprimono sensazioni fruttate declinate su marmellata di ribes rossi e lamponi, petali di rosa macerati, vaniglia e bastoncini di liquirizia. Gusto possente, con tannini prossimi alla morbidezza ma incredibilmente persistenti e ben integrati. Al gusto, le note virano più su cacao fondente, cuoio e emazie, ancora unite a freschezza e dinamicità di chinotto e rabarbaro. Pochissime le differenze tra le varie annate, sintomo che – con un buon lavoro in vigna e in cantina – la qualità resiste e supera brillantemente anche le inclemenze meteorologiche. Se dovessi essere minacciato e costretto a una scelta, direi tuttavia che il 2003 è davvero imbattibile, al momento.

Una piacevole “non novità” nel panorama enologico toscano, che risplende da oltre 20 anni e che ne garantisce almeno altrettanti sulla soglia dell’eccellenza.