«La vita è fatta di attimi di dimenticanza» affermava il grande Totò. A volte gli attimi possono essere di decisa impazienza, soprattutto quando si tratta di eventi unici come questo. In una saletta dell’antico Palazzo del Sale di Siena – nell’ambito della manifestazione ‘Sangiovese Purosangue’ – ha avuto luogo una verticale storica di Brunello di Montalcino DOCG Riserva Poggio al Vento di Col d’Orcia, con 6 annate in degustazione, tra il 1990 e il 2010. Mancavano – per un puro disguido tecnico – alcune altre annate, che il Conte Francesco Marone Cinzano si è impegnato a far assaggiare presto, direttamente in cantina.

Montalcino rappresenta un territorio molto variegato, mai ‘mappato’ e ancora sommariamente (e volutamente) suddiviso soltanto geograficamente: il versante Sud ha brezze e clima mediterraneo, quello Nord è più fresco e continentale, i due versanti Est e Ovest hanno terreni antichissimi. Col d’Orcia, situata nel versante Sud, è nata da una costola dell’antica Fattoria S. Angelo (di proprietà della famiglia Franceschi, suddivisa poi in Poggione e, appunto, Col d’Orcia) e fu acquistata nel 1973 dalla Cinzano, che poteva sfruttare la sua rete di vendita anche per i vini. Da allora, i pochi ettari vitati sono diventati 140, di cui oltre 100 a Brunello, il che ha portato l’azienda ad essere la terza produttrice di Montalcino. Dal 1989 è iniziata la collaborazione con l’Università di Firenze per lo studio dei vari cloni di Sangiovese Grosso e dalla selezione clonale si è passati poi alla selezione massale, per cercare di dare maggior equilibrio e complessità al vino, sempre nel pieno rispetto della tradizione, che si ritrova anche nella sosta prolungata in botti grandi e nelle lunghe macerazioni, anche se dai primi anni del nuovo millennio se ne è abbassata la durata media, per fare prodotti più immediati, ma che mantengano comunque un’ottima spinta all’invecchiamento. Dal 2010 Col d’Orcia è totalmente condotta in regime biologico. Il cru Poggio al Vento – a 350 metri s.l.m., con viti impiantate nel 1974 – si trova sull’alto versante Sud di Sant’Angelo in Colle, su un crinale di origine marina, in prevalenza sabbioso, ricco di scheletro e fossili, che guarda l’Amiata e il mare.

Passiamo alla degustazione, partendo ovviamente dall’annata 2010, la più giovane, che ebbe condizioni climatiche ritenute ideali, con buona piovosità e temperature costanti. Il colore rosso sangue, vivido e dai riflessi rugginosi, ci predispone verso un Brunello della new era, con naso fruttato-balsamico potente, di mora, ciliegia, rosmarino e pepe rosa, che chiude su chinotto, lieve torrefazione e viole appassite. Bocca fresca, dinamica, con tannini pungenti ottimamente inseriti in un quadro di acidità e sapidità persistenti. Aromi di bocca incentrati su arancia rossa, ribes nero, ciliegia e pesca rossa, tutti maturi. Di lunga vita.

L’annata 2006 ebbe un inverno particolarmente piovoso e germogliamenti ritardati, che hanno resistito a un’estate molto secca. Il colore è più carico del 2010, virante verso il granato intenso. All’esame olfattivo il vino è complesso: frutta matura (ciliegia, visciola), pot-pourri di fiori rossi, mentolo, pepe nero, con finale ematico e aggiunta di fave di cacao e sigaro toscano. Gusto pieno, setoso, avvolgente, di gelatina di amarena e mora, scorzette di arancia e torrefazione. Ottimo equilibrio e lunghezza impressionante.

L’annata 1999 fu considerata ‘nella norma’, cioè senza infamia e senza lode. Il vino, dal colore granato pieno, è molto austero: avvertiamo già frutta sotto spirito (marasche) e ci pare un po’ troppo aggressivo per potenza calorica. Note lievemente woody di bacon, quasi fumé. Gusto ancora particolarmente fresco, di fragola e ribes rosso, con finale di media intensità su scorza di arancia amara e cioccolato fondente. Tannini lievemente rudi, pur se sempre di ottima fattura.

L’annata 1997 fu caratterizzata da un’insolita gelata primaverile, che ha ritardato il germogliamento delle piante e ha comportato più fragilità sotto l’aspetto evolutivo. Toni granati, ma tendenti già verso l’aranciato. Naso di fiori secchi e ciliegie sotto spirito, con speziature forti, legnose, di vaniglia, chiodi di garofano e noce moscata. Gusto morbido, con confettura di visciole, legno di cedro, tabacco biondo e arancia rossa. Buona sapidità e balsamicità in chiusura.

L’annata 1995 – una di quelle top, a 5 stelle e forse più – non ha tradito le (enormi) attese. Campione perfetto fin dal colore, di un granato intenso e limpido. Naso equilibrato, danzante su confettura gustosa (mora selvatica), ciliegia e ribes rosso sotto spirito; eucalipto, pepe a grani, viole appassite e mineralità rendono il quadro ampio, con nuovi sentori che si uniscono nelle successive inspirazioni. In bocca è un piacere per le papille, con succo di arancia rossa, radice di rabarbaro, china, alloro, sigaro e tostature variegate. Finale persistente (eterno!), sapido, dagli aromi di bocca tipici dei migliori Brunello. Metafisico.

L’annata 1990 ha negli odori ancora l’anima di Montalcino – con la sua frutta rossa sotto spirito, molta balsamicità mentolata, fiori secchi e spezie nere – ma il gusto pecca per eccessiva morbidezza e scarsa acidità, con tannini ormai deboli, anche se ancora chiaramente percepibili. E dire che dal colore – minimo comune denominatore di questo eccellente prodotto – non gli avresti dato i 28 anni che porta sulle spalle: questo vuol dire che ci sta lentamente salutando, ma sempre in grande stile, lo stile del Brunello di Montalcino DOCG Riserva Poggio al Vento di Col d’Orcia.