Quando pensi alla Grecia, vedi il sole, il mare e le sue splendide isole, sparpagliate come perle nell’azzurro dell’Egeo, in cui milioni di turisti si riversano nel periodo estivo. Oppure potresti pensare anche a certe pietanze che sono diventate familiari anche da noi, come le dolmades, la moussaka, la pita o la feta. Con uno scatto d’orgoglio culturale potresti invece pensare alla storia e alla filosofia, ai monumenti, ai miti e alle leggende, ben noti anche a chi non ha fatto studi classici. Ma quando mai capita di pensare ai vini greci? Eppure la Grecia ha sempre prodotto vino e ne produce sempre di più, da qualche anno anche con buoni risultati. Se la civiltà del bere ha avuto certi suoi capisaldi proprio nella cultura greca classica, la Grecia moderna ha saputo tradurre questi capisaldi culturali in espressioni autoctone della propria conoscenza enoica, con etichette sorprendenti, talvolta vere e proprie chicche all’interno della sua offerta enogastronomica.

Ho avuto modo di assaggiare diversi vini greci in una serata patrocinata dal Consolato greco in un’enoteca fiorentina, alla presenza di operatori e appassionati. Patria di molti vitigni autoctoni, ma aperta agli immancabili vitigni internazionali, in Grecia non vi è angolo che non sia stato pervaso dalla passione e dalla caparbietà di piccoli e grandi produttori, legati con passione, tenacia e spirito di sacrificio al mondo del vino.

Ho trovato molto interessanti i vini rossi (devo dire che, per quasi tutti, era la mia prima volta), alcuni dei quali realizzati da vitigni indigeni come il Koniaros o lo Xinomavro, capaci di esprimere intensi e complessi bouquet olfattivi di frutti rossi, oltre a speziature e tostature dovute a tecniche di affinamento che hanno conferito ad alcuni di loro dei tratti caratteriali a volte un po’ più prevedibili, esaltando quella vena morbida tanto apprezzata dai palati di chi ama una più spiccata impronta internazionale.

Ma a mio parere – senza voler far torto a nessuno – le chicche non le ho trovate tanto nei pur ottimi vini rossi, quanto piuttosto in alcuni bianchi isolani e, in particolare, in quelli ricavati da quel peculiare vitigno a bacca bianca denominato Assyrtiko. Seppur diffuso anche in altre regioni del paese, è però nella minuscola isola cicladica di Santorini che sembra aver trovato il suo terroir, il luogo di elezione in cui mostrare la sua migliore espressione. Le piante – adagiate sulle alture più favorevoli in piccoli cespugli a pochi centimetri dal suolo, per fronteggiare le raffiche violente del Meltemi – affondano le radici in profondità nello scuro terreno vulcanico dell’isola, in cerca di nutrimento e acqua, riuscendo ad adattarsi a condizioni climatiche non facili e sopperendo anche allo stress idrico delle estati siccitose. Mi pare certo che solo a Santorini l’Assyrtiko riesce a dar vita a vini realmente poliedrici, mai banali, ricchi di estratto e di tanta mineralità, oltre che animati da una acidità esaltante e mai doma.

E qui mi sento in dovere di fare un plauso alla cantina Artemis Karamolegos Winery di Santorini, per i suoi tre vini bianchi portati in degustazione: il Santorini 2017, il 34 Santorini Ancestral Vines 2017 ed il Pyritis 2016. Tre vini da Assyrtico (solo il primo è un blend, con un 10% di Aidani e Athiri, altri due vitigni autoctoni a bacca bianca), ma tre vini dalle peculiarità ben distinte. Se il primo, facendo solo acciaio, mostra una beva gustosa e tagliente, il secondo – in virtù dell’affinamento sui lieviti e di uve da viti ancestrali, di 120 anni – mi ha colpito per la pienezza del suo corpo. Il terzo, prodotto anch’esso con uve di alcune parcelle di ben 120 anni, esprime una decisa personalità, da grande protagonista. Vediamo, brevemente, quello che hanno raccontato nella degustazione.

Santorini 2017 (Assyrtico 90%, Aidani e Athiri 10%) – Veste giallo paglierino quasi trasparente, con riflessi verdolini. Attacco olfattivo fruttato, con croccanti note agrumate in primo piano e poi sentori floreali dolci di biancospino fresco, su sfondo iodato. Il sorso, teso e verticale, chiude con spunto salino, perdendosi poi nell’aroma amaricante del pompelmo.

34 Santorini Ancestral Vines 2017 (Assyrtico 100%) – Veste paglierina luminosa, con riflessi quasi dorati. La lunga permanenza sui lieviti assicura al vino aromi di frutta secca e fienagione, sentori delicati di panificazione e poi di nuovo note di pesca matura, mela e sbuffi mentolati. Al gusto il sorso è pieno, corposo e sapido. Lunga la scia ammandorlata e agrumata.

Pyritis Santorini Mega Cuvée 2016 (Assyrtico 100%) – Manto giallo paglierino pieno, vivace e virante al dorato. Trama olfattiva esuberante: note di idrocarburo contornano quelle della frutta a polpa bianca matura, del pompelmo rosa, della zagara e delle erbe aromatiche, per chiudere su tocchi pepati e quasi pungenti. In bocca è esaltante, equilibrato e pieno. Fresco e incredibilmente sapido, si fa bere lasciando una lunga coda minerale.