In un territorio di confine fra il Chianti Classico e la Val d’Elsa, equidistante da Firenze e Siena, con vista sulla splendida città di San Gimignano e le sue torri, da quasi 40 anni Vincenzo D’Isanto – affiancato successivamente dalla moglie Antonella e più recentemente dalla figlia Diana – dà vita a vini longevi ed eleganti. La produzione nasce sulla base di un progetto preciso, con un obiettivo chiaro fin dall’inizio: puntare alla massima qualità, sulla scia del cosiddetto rinascimento enologico che ha coinvolto e stravolto la produzione di vino in Toscana a partire dagli anni ’70.

Il terreno dei vigneti è un ex fondale marino, che ha una morfologia a balze ed è ricchissimo di fossili calcarei di ostriche preistoriche, fra strati di argille e sabbie gialle plioceniche. In questo contesto, che si distingue da quello chiantigiano, fu deciso – insieme a Giulio Gambelli, uomo del Sangiovese e della tradizione per antonomasia – di coltivare varietà bordolesi, ormai sdoganate in Toscana dall’avvento dei cosiddetti Supertuscan. L’idea profonda di questa scelta non era tanto quella di seguire una moda passeggera, quanto quella di trovare i vitigni che fossero capaci di esprimere al meglio la potenzialità di un terroir vocato, baciato dal sole, in un ambiente incontaminato e ricco di storia.

I balzini

I vini de I Balzini, ai quali la fantasia della famiglia D’Isanto ha dato nomi di colori, sono vini territoriali, in cui Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese diventano interpreti delle caratteristiche naturali del vigneto e del territorio in cui questo cresce e si sviluppa. Hanno il carattere di struttura e complessità importanti, che li rende tipicamente toscani e, come tutti i grandi vini toscani, beneficiano dell’affinamento in legno e in bottiglia: anzi, fanno del tempo un elemento fondamentale della loro crescita, come dimostra l’annata 1998 del White Label degustata pochi giorni fa.

Il White Label IGT Colli della Toscana Centrale 1998 I Balzini è un blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon in parti pressoché uguali, coltivati secondo i dettami dell’agricoltura biologica e raccolti e selezionati a mano, dopo un’opera di diradamento che abbassa la resa complessiva. Il vino fermenta in tini di acciaio a temperatura controllata e, dopo la fermentazione malolattica, matura per un anno in barrique francesi di media tostatura.

I Balzini White Label 1998

Appena versato nel bicchiere, il vino colpisce per la tenuta del colore, che ha ancora una trama fitta e una tonalità che il tempo ha fatto virare sul rosso granato, mantenendo il bordo luminoso e appena schiarito. Anche il naso si è evoluto senza perdere intensità, anzi si manifesta con pronunciate note di frutta in confettura e composta, ricordando ciliegia, prugna e scorza d’arancio. Ruotando il bicchiere, i profumi fruttati si mescolano con quelli di spezie e del tabacco. Ci rapisce poi la ricchezza di essenze balsamiche, che accompagnano la sensazione più materica della carne. È un turbinio di profumi che si aprono con un’immensità di sfumature, quelle che solo il tempo riesce a creare.

In bocca, la prima impressione è data dalla freschezza scattante del Sangiovese, assolutamente riconoscibile. I tannini dettano poi la linea, elevandosi a centro bocca: sono maturi e gustosi e hanno una trama vellutata e consistente, che dà corpo al vino e ne determina il volume gustativo, con il complice ruolo dell’acidità. Al gusto il vino dimostra di avere grinta, grazie anche alla mineralità del sapore e alla sua salinità, per finire con aromi balsamici e fruttati, protagonisti di una lunga chiusura asciutta.

Non sono molti i vini che dopo 20 anni riescono a mantenere l’integrità degli aromi e la vivacità del gusto. Questo I Balzini White Label 1998 è un ventenne e porta benissimo i suoi anni!