La viticoltura valdostana – circa 500 ettari strappati dalla montagna lungo la Dora Baltea – può veramente dirsi d’élite. Tre aree: l’Alta Valle, con le sottozone Blanc de Morgex et de la Salle e Enfer d’Arvier; la Valle Centrale, intorno ad Aosta, con Torrette, Chambave e Nus; la Bassa Valle, dove alberga il Picoutener (il loro biotipo di Nebbiolo), con Arnad-Montjovet e Donnas. Qui niente è facile e la stagione della vite è corta, stretta nella morsa di un’estate calda e poco piovosa e un autunno che è presto inverno; i sistemi di allevamento sono giocoforza frutto di una ingegnosa architettura agraria: la pergola alta valdostana, in cui la vite si appoggia alle tòpie (strutture in legno, sorrette da piloni di pietra, su cui cresce la vite) o la pergola bassa, dove bassa significa circa 1 metro da terra e in cui le cure del vignaiolo sono svolte da sotto l’impalcatura della pianta. Nonostante l’esiguità degli ettari vitati, hanno trovato espressione in questa regione tanti vitigni, sia autoctoni (Petit Rouge, Fumin, Cornalin, Picoutener, Mayolet, Petite Arvine, Prié Blanc, Muscat de Chambave, Malvoisie de Nus e Prëmetta) che alloctoni (Pinot Noir, Chardonnay, Gamay, Pinot Grigio, Merlot e Syrah).

Ma la Valle d’Aosta vinicola è fatta soprattutto di storie di uomini che hanno creduto nella loro missione e nel loro impegno per promuovere l’esperienza millenaria di questa area. Ho incontrato due di loro.

Il primo è Costantino Charrère, fondatore di Les Crêtes, ad Aymavilles. L’incontro è stato fugace e occasionale, con lui in bici lungo la strada che fiancheggia la sua prestigiosa vigna Côteau La Tour e io che avevo appena visitato la sua azienda e parlato a lungo di lui. Quest’uomo ha il merito di aver assunto non soltanto il ruolo di custode della vigna valdostana, ma anche di essere stato riformatore e promotore del vino di tutta la regione. Proprio Les Crêtes, con i suoi 20 ettari di vigna, è stato un esempio e un modello per gli altri viticoltori valligiani, che si sono via via trasformati, da hobbisti del vino, in imprenditori.

La gestione agronomica, in prevalenza manuale, segue le pratiche della lotta integrata a tutela dell’ambiente e a salvaguardia del territorio e le condizioni pedoclimatiche favoriscono inoltre una coltivazione a basso impatto ambientale. I vini – sapidi, freschi ed eleganti, sia bianchi che rossi – esprimono l’essenza del terroir di montagna e le uve, in fase di maturazione, subiscono una notevole escursione termica, che ne arricchisce il profilo aromatico.

L’accoglienza in azienda è stata eccellente e la visita affascinante, dopodiché ci siamo spostati in una sala a fianco della cantina – chiamata Il Rifugio del Vino e opera dell’architetto Domenico Mazza – per la degustazione di 6 vini.

Valle d’Aosta DOC Petite Arvine 2017 – Vino subito convincente, di un giallo paglierino intenso e con un profumo immediatamente floreale, con tratti dolci di tiglio, cui fanno seguito note di pesca e albicocca matura, per chiudere salmastro. In bocca è caldo e salato, in un abbraccio sensoriale intrigante.

Valle d’Aosta DOC Chardonnay 2016 – Paglierino brillante, ha dolci sentori esotici di feijoa, passiflora e agrumi, con buona freschezza e un finale balsamico.

Valle d’Aosta Chardonnay Cuvée Bois 2015 – Il fiore all’occhiello dell’azienda, frutto della selezione di Chardonnay fermentato in barrique da 300 litri (50% nuove), dove sosta 12 mesi. Giallo dorato luminoso, presenta note tostate e vanigliate, per diventare poi burroso, con cenni di frutta secca e candita e miele, ed evolvendosi su note agrumate, soprattutto di cedrata. In bocca è caldo, morbido e avvolgente, con un finale amaricante di arancia amara.

Valle d’Aosta Pinot Nero 2017 – Fermentazione e affinamento svolte solo in acciaio. Porpora trasparente, ha una singolare declinazione olfattiva (succo di melograno e caramella ai frutti di bosco), mentre in bocca è fresco e fruttato, con una chiusura che conferma il tipico timbro valdostano, un po’ amaricante e minerale.

Valle d’Aosta Fumin 2016 – Pienezza di colore porpora e profumo che alterna il fruttato scuro alla balsamicità di ginepro e altre botaniche, per poi virare verso note terrose e muschiate. In bocca è deciso e un po’ rude, con un tannino determinato e sottolineato dalla freschezza d’ingresso, per chiudere con retrogusto di arancia amara.

Valle d’Aosta Syrah 2016 – Porpora di media intensità, ha toni floreali, di ciliegia e un leggero tocco pepato ed è sottile e agrumato al gusto.

Il secondo personaggio incontrato è Elio Ottin, a Porossan Neyves, sede di Ottin Viticulteur – Encaveur. Elio, perito agrario, è davvero un appassionato vignaiolo che si è fatto da solo, dividendosi tra le attività di viticoltore e di frutticoltore, oltre che di allevatore di mucche, altra sua grande passione. La sua esperienza di vignaiolo inizia nel 2007, quando decide di interrompere la tradizione familiare di conferire le uve a La Crotta di Vegneron e produrre in proprio. I vigneti di Ottin sono impiantati in media collina, tra i 550 e i 700 metri, a Saint Christophe, Quart e Aosta.

I miei assaggi iniziano con due Petite Arvine, generati da due vigne diverse e declinati in due modi opposti: uno tutto in acciaio e l’altro con fermentazione in botti di legno da 20 hl, dove sosta anche successivamente.

Vallée d’Aoste DOP Petite Arvine 2017 – Paglierino pieno, con profumo esaltante di banana e altri frutti esotici, pera e agrumi; in bocca è gustoso, con bella freschezza e decisa salinità, per una dinamicità gustativa che denota ottima bevibilità.

Valle d’Aosta DOP Nuances 2016 – Altro Petite Arvine, vinificato in tonneaux. Paglierino tendente al dorato, al naso si presenta salino e con un fruttato candito e mandorla; in bocca è verticale, con un’acuta e vibrante sapidità, veicolata da una fruttata acidità e con un finale agrumato e balsamico.

Valle d’Aosta DOP Pinot Noir 2016 – Vinificato in tini tronco-cònici di legno, con una parte dell’uva non diraspata, si affina poi in legni di varie dimensioni. Trasparente e di un porpora tenue, si introduce con i classici profumi del vitigno (ribes nero e grafite) e in bocca è fresco, con un leggero tannino, per chiudere agrumato (ancora arancia amara) e richiami di liquirizia.

Valle d’Aosta DOP Torrette Superieur 2016 – Il vino è frutto di un assemblaggio di Petit Rouge (80%), Cornalin e Fumin (10% ciascuno). Di medio colore violaceo, con profumi di rosa, lampone e granatina, in bocca è sottile, quasi femminile, con un ottimo equilibrio e una chiusura piacevolmente balsamica.

Valle d’Aosta DOP Fumin 2016 – Vendemmia a fine ottobre, con un leggero appassimento, vinificazione in tini di legno, con macerazione a cappello sommerso, affinamento di un anno fra barrique e botte da 20 hl. Rubino profondo, ha un grande esordio fruttato (lampone e sciroppo all’amarena, gelatina di mora e mirtillo) e prosegue con speziatura dolce e pepe bianco, con nuances balsamiche; al gusto è un vino in tensione, con un buon tannino e mineralità, e chiude, ancora una volta, balsamico.

Due esperienze e due realtà, Les Crêtes e Ottin, che rendono onore alla tenacia valdostana, costellata di tanti altri piccoli produttori che ripetono e rinnovano giornalmente la loro sfida alle difficili condizioni proposte dai terreni scoscesi di queste spettacolari montagne, che sicuramente li amano e che proteggono da sempre il loro lavoro e alimentano la loro straordinaria passione.