«Un fantasma si aggira per la Piana Rotaliana», verrebbe da dire, citando un incipit famoso; in questo caso il fantasma che aleggia è la spinta propulsiva di una nuova generazione di produttori, che sta tentando di rivoluzionare una delle più tradizionali denominazioni del Trentino – quella del Teroldego Rotaliano – e lo sta facendo con vini di grande spessore, capaci di sfidare il tempo. Durante l’edizione 2018 del Settembre Rotaliano, che si è svolta a Mezzocorona dal 31 agosto al 2 settembre, in due occasioni si è capito che questa trasformazione è già iniziata. 

La prima è stata la degustazione Teroldego l’eclettico – organizzata dall’ONAV e guidata dall’enologo Paolo Malfer, fondatore della cantina spumantistica Revì – per mettere in risalto la versatilità del Teroldego, attraverso assaggi di diverse tipologie. Nell’occasione, Malfer ha esordito col botto, sostenendo che è tempo per il Teroldego Rotaliano di ambire alla DOCG, che sarebbe la prima per la regione. Egli argomenta che il Teroldego è un’uva autoctona della Piana Rotaliana nota e apprezzata per il suo vino fin dall’epoca del Concilio di Trento. Inoltre, anche se in Trentino i vitigni internazionali sono arrivati prima che in altre zone d’Italia (a partire dagli anni ’30), il Teroldego si è comunque distinto e affermato come vino di terroir e il passaggio alla DOCG appare del tutto giustificato, individuando ovviamente i territori migliori, limitando le rese e imponendo criteri di qualità alla gestione della vigna e della vinificazione.

La seconda occasione a gettar luce sul fermento che si è sviluppato nella Piana Rotaliana è stata la degustazione organizzata dall’associazione TeRoldeGO Evolution, un gruppo di giovani produttori di 9 cantine, uniti dall’obiettivo di condividere un protocollo produttivo di elevato livello qualitativo. L’associazione è nata ufficialmente nel maggio 2018, con la voglia di emergere attraverso una visione comune del Teroldego che possa ambire all’eccellenza. L’atmosfera in sala era tesa e toccante e si avvertiva un’energia positiva che coinvolgeva un po’ tutti. A guidare la serata è stato un giovane sommelier, Gianni Pasolini, dell’Osteria Le Due Spade di Trento e autore del blog Vinotube. Egli ha sottolineato come, per la prima volta, si assista ad uno slancio di questo tipo in Trentino, regione molto legata alla tradizione e in un certo senso, enologicamente parlando, conservatrice. Sono due i punti principali che i Teroldego boys condividono: 1) abbassare le rese massime previste per la DOC dagli attuali 160 q/ha a 100 q/ha, e ancora meno per la tipologia Riserva; 2) avere una mappatura del territorio e delle vigne migliori. 

Il Teroldego Rotaliano è una DOC dal 1971 e vanta oltre 400 ha di vigneti, allevati a pergola (salvo qualche eccezione). Gran parte delle uve vendemmiate viene conferita alle cantine sociali, accanto alle quali ci sono anche privati che da decenni mettono sul mercato etichette significative. Il nuovo gruppo di giovani vignaioli, entusiasti e agguerriti, provenienti da realtà private rinomate, si è presentato al pubblico con grande rispetto del passato, mettendosi in gioco pubblicamente con diversi vini dell’annata 2009, realizzati per lo più dai padri. Questo dimostra che non c’è la volontà di rompere col passato, ma di compiere una rivoluzione che è un’evoluzione. Dai 9 assaggi che andiamo a raccontare emerge il profilo di un vino strutturato e dalla personalità generosa, caratterizzato da profumi e aromi intensamente fruttati, tannini morbidi e acidità importante, che regala potenziale evolutivo.

I primi Teroldego proposti erano di annate recenti, a partire da un’anteprima della Cantina DeVigili, che ha ripreso a vinificare in proprio solo dal 2015 e che ha presentato la Riserva Ottavio 2016, prodotta con uve di una vecchia vigna e con un’ottima definizione olfattiva di ribes nero, con un tocco speziato di liquirizia. In bocca ha grande equilibrio fra morbidezza e acidità ed è intensamente fruttato, con tannini felpati e finale anche un po’ piccante. 

Il secondo Teroldego proposto ci porta al 2013, con la Selezione Maso Chini 2013 della Cantina Martinelli, una delle più grandi della zona, che è stata riaperta, dopo 30 anni di chiusura, dalla nuova generazione rappresentata da Giulio e Andrea. Il vino veste un colore rubino non completamente impenetrabile e ha un olfatto dolce che ricorda quasi una pralina, in cui il frutto si fonde con cioccolato e vaniglia insieme a sensazioni balsamiche e ferrose. Sorprende al gusto la grande acidità, sa quasi di arancio e ha tannini setosi che rendono agile la beva. 

Con un balzo indietro di altri due anni giungiamo al terzo assaggio, il Teroldego Rotaliano Superiore 2011 di Gaierhof: quasi nero alla vista, con riflessi evoluti, profuma di prugna e scorza d’arancia e ha una componente speziata di chiodi di garofano e liquirizia. In bocca è morbido, i tannini sono completamente integrati e creano volume senza graffiare; nel finale resta protagonista l’aroma di ciliegia.

La carrellata dell’annata 2009 inizia con il Sangue di Drago di Marco Donati, che proviene da una vecchia vigna, con alcune piante quasi centenarie. È rosso granato impenetrabile eppur luminoso, al naso propone confettura e ciliegia cotta al forno, ma anche carne ed erbe essiccate. Il fruttato è protagonista anche al gusto, benché il sorso chiuda balsamico ed è bilanciato fra morbidezza e freschezza. 

Molto evoluto risulta il Vigilius dell’azienda De Vescovi Ulzbach, in cui sembrano prevalere note terziarie dovute alla maturazione in barrique: menta, liquirizia e macchia mediterranea accompagnano il fruttato di ribes, amarena e scorza d’arancio. Ha pienezza gustativa, grazie a tannini fitti e vivaci che animano il percorso e chiude con note di china e rabarbaro. 

La Riserva Diedri di Dorigati, dal singolo vigneto Bagolari, colpisce per l’ottima tenuta del colore rubino fitto e anche per il profumo poco scalfito dal tempo trascorso: le note fruttate sono integre, con un cenno floreale, insieme a legno di cedro e caffè in grani. Dei tannini perfetti rendono vellutato il sorso, che ha struttura decisa e intensità aromatica fruttata che si arricchisce in chiusura di una scia speziata. 

L’azienda di Elisabetta Foradori, oggi guidata dal figlio Emilio, presenta la prima annata in legno grande del suo Granato, che a dispetto del nome appare ancora rubino vivace e al naso, oltre al fruttato (mora, mirtillo), profuma di pepe e grafite e ha grande mineralità con note ferrose e di carne. Al gusto ha un’acidità spiccata, ma lo sviluppo è dinamico e articolato, con forte sapidità e tannini integrati artefici del volume di bocca, per chiudere speziato. 

La Riserva Pini di Zeni si distingue nella concezione enologica in quanto viene vinificato dopo un appassimento di 4 settimane, per cercare maggiore concentrazione polifenolica. Il vino si presenta di un granato completamente impenetrabile. L’evoluzione domina nel bouquet, con ciliegia sotto spirito, sottobosco e chiodi di garofano. La fitta trama tannica determina una potente struttura gustativa, con note ossidative negli aromi di bocca. 

Con 3 mesi di appassimento di una parte delle uve è ottenuto anche il Gran Masetto di Endrizzi. Di un rosso granato intenso e luminoso, al naso prevalgono nettamente sentori evoluti molto concentrati: terra, tartufo, confetture. In bocca è potente, con prevalenza di aromi fruttati ancora freschi; si avverte un’importante spinta calorica, soprattutto in chiusura di bocca, che lascia con sé una scia di amarena sciroppata.

Non resta che augurare un grande in bocca al lupo al Teroldego e alla squadra dei TeRoldeGO Evolution.