Ci sono momenti nella vita di un degustatore, o di un semplice appassionato di vino, che ti cambiano. In quei momenti è come se sentissi di aver fatto un passo avanti, di aver aggiunto una componente importante al tuo bagaglio esperienziale e non vedi l’ora di fare il passo successivo, come se non ti volessi più fermare e continuare ad andare avanti per imparare e scoprire tutto quello che di affascinante e di bello c’è in questo fantastico mondo. È ad una degustazione didattica di lunedì pomeriggio che ho l’opportunità di fare uno di quei passi che mi ricorderò e mi porterò dietro per un bel po’ di tempo. Al termine della terza batteria di Champagne, precisamente alla decima bottiglia, arriva lui, il fuoriclasse, il più importante tra i récoltants manipulants della Champagne: Jacques Selosse. 

Anselme Selosse, succeduto al padre Jacques, inizia a vinificare nel 1980, insieme alla moglie Corinne, in un contesto in cui la prestigiosa regione viticola ad est di Parigi era interamente in mano alle grandi maison. La cantina Selosse si trova ad Avize, dove sono svolte le vinificazioni delle uve provenienti dai 7 ettari di proprietà dell’azienda, distribuiti nei comuni Grand Cru di Avize, Cramant, Oger e Le Mesnil-sur-Oger per quanto riguarda lo Chardonnay, mentre il Pinot Noir è coltivato nei comuni Grand Cru di Aÿ e Ambonnay e nel comune Premier Cru di Mareuil-sur-Aÿ. Anselme si è allontanato nel 2002 dalla coltivazione biodinamica, propendendo per un approccio più equilibrato e affermando che il suo compito è quello di accompagnare la crescita della pianta in vigna senza fare niente per influenzarla. I suoi metodi consistono in alcune lavorazioni per rendere i terreni più porosi e la concimazione con un composto organico ogni due anni. Le lavorazioni in cantina sono invece di stampo molto borgognone – essendosi Anselme formato professionalmente a Beaune – e infatti le fermentazioni avvengono in barrique, con soli lieviti indigeni. L’affinamento dura dagli 8 ai 12 mesi, con bâtonnages settimanali in inverno e mensili fino a luglio. 

Nel 2010, Anselme Selosse crea una nuova linea di Champagne – i famosi lieux-dits, per imbottigliare la massima espressione del terroir – e ciascun vino proviene da una singola vigna, rappresentativa del Cru in cui si trova. Ne crea 6, di cui 3 con Chardonnay – Les Chantereines ad Avize, Chemin de Châlons a Cramant e Les Carelles a Le-Mesnil-sur-Oger – e altri 3 con Pinot Noir: La Côte Faron ad Aÿ, Sous le Mont a Mareuil-sur-Aÿ e Le Bout du Clos ad Ambonnay.

È proprio uno di questi Champagne lieux-dits che ho la fortuna di assaggiare, precisamente il Sous le Mont, il Premier Cru di Mareuil-sur-Aÿ, un extra-brut con dégorgement a febbraio 2018. Già nel bicchiere è un vino che impressiona, carico com’è di un colore oro antico, uno dei primi segnali dell’importanza di questo vino, con una bolla finissima. Al naso si avvertono delle note ossidative estreme, tipiche di Selosse, con profumi che vanno dal tè alla tostatura, cui fa seguito il profumo di frutta secca disidratata, derivante dall’ossidazione e non dal legno (non vengono usate barriques nuove). Solo in un secondo momento escono profumi floreali, soprattutto mimosa, per poi tornare nuovamente su note fruttate, con sensazioni evolute di macedonia ossidata. La complessità olfattiva, nel mio bicchiere, è impressionante, mi rapisce e più passano i minuti e più mi diverto a cogliere le nuove sfumature, con i profumi che virano verso note di sottobosco, per poi passare a crème brûlée e caramello e chiudere con sentori di distillato e vermouth. Il vino entra in bocca con una progressione lunghissima, è ricco (e non poteva essere altrimenti), intenso, potente, pieno, dando l’impressione di bere un vino fermo: le bolle non sono per niente invadenti, certamente si fanno sentire e accarezzano la lingua e il palato, ma rimanendo cordiali e avvolgenti. Siamo davvero a metà tra uno Champagne e un vino fermo, ed è questa forte sensazione – che non avevo mai provato – a colpirmi di più: tanta ricchezza e tanta intensità, sia in bocca che al naso, mi lasciano senza parole. 

Quando salgo in macchina per tornare a casa (mi aspettano due ore di viaggio), sono ancora talmente entusiasta ed emozionato che non posso fare a meno di chiamare gli amici, per raccontare di questo splendido assaggio, far capire quanto è stato importante per me e manifestare il desiderio di poterlo condividere con loro. Poi, appena solo, mi rendo conto che comincio a sperare che di momenti così ce ne siano ancora molti e che inizino il più presto possibile.