Chi fu il primo a dire che per bere un vino dolce bisogna obbligatoriamente aspettare la fine del pasto? Da quale dogma deriva quest’obbligo? Sappiamo bene che non è così. Ad esempio, il Sauternes – specialmente questo Sauternes – non è soltanto ‘un vino dolce’: la sua complessità e la sua struttura lo rendono così particolare che non lo si può collocare in un contesto spazio-temporale ristretto, come quello in cui sulla tavola sono rimasti soltanto i dolci. Io potrei avere voglia di degustarlo davanti al camino, in una fredda serata invernale, coccolato dall’ardore della legna che scoppietta, in buona compagnia o da solo, come vino da meditazione, e nessuno dovrebbe risentirsi, come nessuno dovrebbe storcere il naso se decidessi di abbinarlo, a tavola, con dei piatti non dolci.

Come il mondo intero sa, il Sauternes è prodotto in una piccola enclave delle Graves, a sud-ovest di Bordeaux. Nella storica classificazione dei vini di Bordeaux del lontano 1855, il nettare di Château d’Yquem è classificato come unico bianco Premier Cru Supérieur e la storia del Sauternes può – a buona ragione – essere fatta coincidere con le vicende e le trasformazioni di questa azienda, che ne ha costituito da sempre la massima espressione. Le radici di Yquem – che si trova su una dolce collinetta poco a nord-est del paesino di Sauternes – risalgono a oltre quattrocento anni fa, ma fu a fine Settecento (con il matrimonio di Françoise Joséphine de Sauvage d’Yquem con il conte Louis Amédée de Lur-Saluces, proprietario del vicino Château de Fargues) che iniziò il lustro di Yquem e del Sauternes in generale. Nonostante fosse rimasta presto vedova, Françoise Joséphine rinnovò le tecniche produttive – introducendo tra l’altro il sistema dei ripetuti passaggi in vigna per la vendemmia degli acini maturi – e fece costruire una nuova cantina, molto moderna. Il destino volle poi che in quel periodo il futuro presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson, ne ordinasse un’importante quantità, facendo una pubblicità decisiva per il futuro dell’azienda e di tutto il Sauternes. 

Nei decenni successivi fu costruito il castello, in cui confluiscono ancora oggi le uve dei 113 ettari del vigneto circostante, dove esiste un terroir perfetto per lo sviluppo della Botrytis Cinerea, la muffa nobile che attacca i chicchi d’uva, ne perfora la buccia e ne provoca l’appassimento, innescando una serie di altre benedette trasformazioni chimico-fisiche che contribuiscono a caratterizzare l’aroma e il sapore del vino. Un vino molto speciale, che nasce in condizioni climatiche e ambientali davvero particolari: nel vigneto, che occupa 3 colline, la nebbia del mattino viene soffiata via dalle brezze pomeridiane, provocando un alternarsi di condizioni di clima umido e secco che porta alla formazione di quelle spore di muffa nobile che attivano il processo di appassimento degli acini. Il controllo di questi processi naturali sulla pianta e la scelta del momento giusto della raccolta – con la necessità di selezionare chicco per chicco, con continui passaggi in vigna (normalmente cinque o sei, ma si può arrivare anche fino a dieci) – impegnano un arco di tempo molto lungo, con costi elevatissimi. I vigneti di Sémillon (75%) e Sauvignon (25%) – con il primo a dare volume e struttura e il secondo a dare finezza e aromi – sono radicati su suoli sabbiosi e sassosi, capaci di accumulare e restituire lentamente calore e perfettamente adatti al drenaggio delle piogge: una simbiosi tra vitigni, clima e territorio unici nel suo genere, per creare alcuni dei vini con il più alto potenziale d’invecchiamento al mondo. Cosa attendersi, allora, dall’opera del tempo su questi vini?

Sto per scoprirlo, perché in questa degustazione faccio la mia prima esperienza con un vino del genere così evoluto: ho tra le mani uno Château d’Yquem Lur-Saluces 1981, che si presenta nel calice di un oro brillante e con una consistenza abbastanza importante. Al naso sale un bouquet olfattivo di una dolcezza avvolgente, con sensazioni fruttate, burrose, iodate e vanigliate. Ma tenetevi forte, perché è in bocca che comincia a spingere con forza sull’acceleratore delle emozioni… Al gusto è infatti come una sfera perfetta, con uno straordinario equilibrio tra zuccheri e acidità, una moltitudine di frutti – datteri e cocco, albicocca secca e in confettura – e un tannino morbido come il cashmere. C’è poco da fare, mi arrendo: si tratta di pura eleganza. Ma non finisce qui, perché l’impressione che rimane dopo l’assaggio è come il silenzio che segue l’ascolto di un brano della Settima Sinfonia di Beethoven (scritta a inizio ‘800, negli stessi anni in cui nasceva il mito di Yquem), durante il quale l’ascoltatore non riesce a liberarsi del ricordo e dell’incanto della musica: ecco, con questo Sauternes succede la stessa cosa, tanto è persistente e capace di prolungare all’infinito un piacere unico.